La semantica storica, propriamente detta, indaga il percorso del significato delle parole nella storia. La prospettiva è semasiologica, perché come punto di partenza si sceglie il significante per indagare il suo sviluppo semantico, al contrario dell’approccio onomasiologico, per esempio della storia delle idee, che parte dal significato per includere nel suo campo di ricerca significanti diversi; o della storia dei concetti, che combina la “storia dei problemi” e la “storia dei termini”. Ma questa suddivisione non è netta, perché manca una base teorica certa dei vari metodi e soprattutto perché la semantica storica e la storia dei concetti praticano un approccio misto, come si evince anche dal titolo della raccolta di saggi da parte di Koselleck, Historische Semantik und Begriffsgeschichte (1979), che ha conferito alla semantica storica e alla storia dei concetti il loro volto attuale. Questi due approcci si differenziano piuttosto per la provenienza da discipline diverse: se la storia dei concetti è un frutto della filosofia e della storiografia (Ernst Cassirer, Erich Rothacker, Lucien Febvre, Reinhart Koselleck), la semantica storica ha origine in ambito linguistico e letterario (Christian Karl Reisig, Michel Brèal, Leo Spitzer, Karlheinze Stierle) e la loro differente formazione ha contribuito a formare due fisionomie diverse; fermo restando che si tratta di una scienza storica e parte subiecti ed e parte obiecti come ha affermato Tullio De Mauro, in riferimento alla sua duplice prospettiva verso il mondo storico reale e verso l’interpretazione di tale mondo tramite il linguaggio (De Mauro 1970). I primi passi in questo campo sono stati compiuti nell’ambito delle lingue classiche da parte di Reisig nel 1825. Egli ricorse all’etichetta semasiologia allo scopo di individuare e definire nei vocabolari un ordine intrinseco delle parole latine secondo la loro formazione storica e logica. Successivamente Brèal nel suo Essai de sémantique, science des significations (1897) fondò la semantica come metodo scientifico storico. Egli aveva formulato il primo principio importante secondo il quale ogni parola è inevitabilmente polisemica perché l’innovazione semantica affianca e non sostituisce il vecchio significato. Era il periodo della storia della cultura e il suo esponente Rudolph Eucken (1846-1926) aveva proposto un’indagine linguistica sulla preistoria del linguaggio filosofico, evidenziando il ruolo della metafora e dei linguaggi settoriali nel suo sviluppo. Antoine Meillet (1866-1936) propose un programma di ricerca che includesse il contesto culturale e Friedrich Seiler pubblicò tra il 1913 e il 1925 la sua opera in sette volumi che registra lo sviluppo della cultura tedesca tramite i prestiti lessicali. Già per questa epoca felice della semantica storica, tra il 1830 e il 1930, Brigitte Nerlich ha individuato l’orientamento verso una maggiore contestualizzazione della prassi etimologica (Nerlich 1992). Se all’inizio si cercavano soprattutto le leggi del cambiamento semantico (analogamente al cambiamento fonetico), lentamente si cominciava a comprendere il cambiamento linguistico come segno e frutto di un cambiamento culturale. Negli anni Trenta Jost von Trier sviluppa l’idea del campo lessicale con buoni risultati nell’ambito onomasiologico, senza che questo avesse portato a una sua riformulazione per il campo semasiologico. Successivamente sono state realizzate ricerche importanti da parte di Auerbach, per esempio sulla parola passione (1967), e da Spitzer i cui Essays in Historical Semantics (1948) e L’armonia del mondo. Storia semantica di un’idea (1963) sono da considerarsi classici della semantica storica, anche nel loro aspetto di presa di distanza dalla storia delle idee considerata troppo intellettualistica e dalla storia spirituale, Geistesgeschichte, considerata troppo irrazionalistica. Riprendendo un vecchio dictum di Helmut Sperber egli sottolineò la stretta relazione tra cambiamento semantico e cambiamento culturale, ribadendo però soprattutto la continuità della cultura europea dai tempi dell’antichità e la conseguente necessità di un approccio comparatistico e interdisciplinare nelle scienze culturali. Ma sebbene ormai sia comunemente accettato che la semantica storica faccia parte di qualsiasi disciplina storica (storia degli eventi, storia sociologica, storia teologica ecc.), essa trova la sua collocazione accademica attuale nella linguistica (Reichmann, Wolf 1998). In quest’ottica il cambiamento semantico fa parte del problema generale del cambiamento linguistico e della storia della lingua e sarà utile tenerne presente alcuni punti fondamentali. La struttura del segno linguistico è caratterizzata dal triangolo significante-significato-referente, dove il termine medio è quell’entità psichica che collega la parola alla cosa esterna da essa designata. Questo termine medio viene chiamato anche significato, contenuto, rappresentazione o concetto e la sua natura incerta è oggetto degli approcci cognitivistici che ultimamente cominciano a contribuire alla semantica storica ricorrendo al sapere enciclopedico extra-linguistico che era stato escluso dallo strutturalismo (Blank 1998). Torna così al centro dell’attenzione la polisemia, soprattutto nella teoria dei prototipi che si ispira esplicitamente alla scienza dello spirito, Geisteswissenschaft, come l’aveva sviluppata Dilthey in alternativa al modello strutturalista (Geeraerts 1997). Il dominio dello strutturalismo nella linguistica è stato il maggiore responsabile del declino della semantica storica per alcuni decenni come conseguenza della netta distinzione tra langue e parole da parte di Saussure. Egli favorì la langue, l’aspetto sistematico della lingua, mentre il cambiamento linguistico che era estraneo al sistema non suscitò il suo interesse né quello dei suoi alunni. Solo la formulazione dello strutturalismo diacronico da parte della Scuola di Praga ha permesso a Eugenio Coseriu (1958) di concepire il cambiamento come il divenire del sistema. La permanente sistematizzazione della lingua, per la quale Coseriu aveva introdotto il termine storia strutturale, riprende una vecchia definizione della lingua come energeia e non come ergon da parte di Wilhelm von Humboldt. Partendo dalla dicotomia natura-cultura, Coseriu concepisce il cambiamento linguistico non come l’evoluzione di un oggetto naturale, ma come la formazione di un oggetto culturale da parte dei parlanti. Individua tre interrogativi ai quali ogni teoria del cambiamento linguistico deve dare una risposta: perché, come in generale ed empiricamente e come individualmente e storicamente esso avviene. Le ragioni del cambiamento linguistico possono essere di duplice natura: ragioni inerenti al sistema (analogia, armonia tipologica, il principio di efficienza ed economia, il principio dell’iconicità, il principio della trasparenza) o ragioni sociolinguistiche (mode, influenze di lingue straniere e varianti geografiche o linguaggi settoriali, bisogni sociali e comunicativi nuovi). Partendo da queste premesse Bill Keller (1995) ha definito il cambiamento linguistico come fenomeno del terzo tipo, cioè né causale né finale ma funzionale: siccome la lingua esiste solamente in quanto usata dai parlanti con lo scopo di influenzare l’interlocutore (P. Grice), il cambiamento linguistico non può essere visto come un’azione della lingua ma solo come un effetto involontario risultante dai bisogni comunicativi dei singoli parlanti. Perciò si può definire la lingua un sistema di ordine spontaneo, naturale e culturale allo stesso tempo e il cambiamento linguistico fa parte dei fenomeni della mano invisibile, teorizzata soprattutto dai filosofi dell’economia (Adam Smith, Friedrich A. von Hayek) per descrivere a livello di sistema un effetto non funzionale di singoli atti funzionali: il cambiamento linguistico avviene in situazioni culturali mutate a causa di atti individuali che seguono almeno parzialmente le stesse intenzioni (farsi capire, essere cortesi, farsi notare o meno) senza intendere però il cambiamento linguistico che ne risulta. Perciò è lecito dire che a livello di sistema il cambiamento linguistico presenta le caratteristiche di un processo evolutivo: non è teleologico, è cumulativo e avviene tramite variazione e selezione. In questa prospettiva non si tratta né di un fenomeno sincronico né di un fenomeno diacronico ma della dinamicità di uno stato. Questo significa che l’indagine nel campo della semantica storica si deve concentrare sull’interazione dei singoli parlanti in un preciso contesto culturale. Solo così infatti essa potrà individuare le intenzioni comunicative che hanno portato all’uso di una parola fuori dal contesto consueto e il successivo passaggio da questo impiego occasionale a quello usuale. Solo alla fine degli anni Settanta c’è stata una ripresa della semantica storica, questa volta nell’ambito della storia politico-sociale, che ha portato alla realizzazione del lessico storico del linguaggio politico-sociale in Germania dopo il 1750. Uno dei suoi ideatori, Koselleck, coniò per tale periodo il termine Sattelzeit, epoca di passaggio, per mettere in evidenza come quel momento storico avesse avuto un doppio volto: uno proteso in avanti e uno indietro con la conseguenza che molte parole della lingua tedesca cambiarono significato a causa dei cambiamenti sociali e culturali e non risultarono più immediatamente comprensibili nella loro vecchia accezione. Luhmann in Studien zur Wissenssoziologie der modernen Gesellschaft (1980) si servì della semantica per le sue ricerche sociologiche e Stierle, nel suo importante contributo alla raccolta di Koselleck Historische Semantik und die Geschichtlichkeit der Bedeutung (1979), cercò di rilanciare la semantica storica da nuove basi teoriche, partendo dalla fenomenologia linguistica di Merlau-Ponty. Diversamente da Saussure egli favorisce il contesto intenzionale della parole, cioè le condizioni interne ed esterne del momento concreto di un’enunciazione rispetto all’univocitá del significato nel sistema, considerando ogni sistema solo un taglio orizzontale artificiale nello sviluppo naturale della lingua. Le contraddizioni tra sistema e processo diventano evidenti nella dialettica tra la intention significative e la signification, che avviene solo nella parole, non nella langue, perché si tratta di un atto individuale in un contesto preciso; e siccome la parole appartiene al mondo storico caratterizzato da una molteplicità di variabili sconosciute, ogni parola è inevitabilmente polisemica. Anche Foucault muoveva dall’incongruenza tra sistema e realizzazione contestuale nella sua analisi del discorso come istanza sociale che trascende il dominio del singolo locutore e determina le sue enunciazioni concrete. Ma proprio perché il sistema stesso non è mai nel pieno possesso del singolo, il discorso rappresenta un ordine che inevitabilmente viene infranto nel momento concreto del parlare. Tali presupposti portano Stierle a prospettare un metodo che non sia una semplice semantica storica della parola, ma piuttosto una semantica storica del discorso. L’inclusione della storia sociale, infine, avviene tramite l’individuazione di una serie di innovazioni semantiche caratteristiche di un certo momento storico. Gli sviluppi di questo programma si possono esaminare in Busse (1987, 1994) e un contributo recente importante sono i lavori di Starobinski, in particolare Action e reaction. Vie et aventures d’un couple (1999), dove il cambiamento semantico stesso viene concepito come un significante che permette di percepire nei vari stati di lingua i vari stati di cultura. Starobinski prescinde da un metodo preciso: l’orientamento della sua ricerca viene determinato dall’interesse attuale di capire in cosa ci differenziamo. In quest’ottica va tenuta presente la differenza tra termine guida, che orienta una comunità linguistica, e termine chiave, che permette di comprenderne l’atteggiamento verso la vita, introdotta da Schmidt-Hidding (1963) nell’ideazione degli studi linguistici comparativi. Dal concetto di contestualizzazione dell’indagine lessicale parte Ralf Konersmann (1994, 1999), autore della voce Historische Semantik nel Historisches Wörterbuch der Philosophie (Ritter 1971-). Egli sceglie però un approccio più filosofico, privilegiando Cassirer come fondatore della semantica storica, e pone l’accento dell’indagine storica sull’interpretazione divergente che evita la tentazione, propria della storia dei concetti, di interpretare i vari significati di una parola nella prospettiva di uno sviluppo teleologico verso una maggiore concettualizzazione. Il suo interesse è quello di ricostruire la specificità di un momento storico tramite l’indagine lessicale, non quello di ricondurre epoche passate a quella attuale. Va tenuto presente però che l’indagine storica è sempre guidata da una prospettiva che inevitabilmente orienta la narrazione della ricostruzione storica. Essa comporta di per sé una certa distorsione della realtà per il solo fatto di narrare in ordine lineare un processo non-lineare, dove l’avvento di un nuovo significato, che nella narrazione rappresenta un momento cruciale, molto spesso per lungo tempo non intacca il vecchio significato più diffuso. Ne risulta una polisemia retrospettiva che non esisteva nel momento storico ricostruito se non per pochissime persone. La semantica storica moderna registra le possibilità di significato che una parola ha realizzato nel suo percorso storico tra convenzione e innovazione, e estende la sua indagine al contesto culturale che ha favorito o impedito un cambiamento del significato. Ma poiché si tratta di un cambiamento all’interno di un sistema, bisogna trovare una maniera di rappresentazione che tenga conto anche della continuità del significato, per cui Stierle ha proposto nuove forme di narratività multilineare. Ne è parte integrante il confronto linguistico e culturale, nel quale Spitzer aveva individuato il presupposto per una spiegazione del fenomeno anche all’interno di una sola lingua. A suo avviso infatti solo rispetto al diverso è spiegabile il tipico, e spesso il tipico si rivela in prospettiva storica come il diverso, per esempio nel caso dei prestiti. Consapevoli del fatto che la diversità linguistica è il presupposto fondamentale del cambiamento linguistico, le ricerche sul contagio linguistico tra diverse varianti sociali, regionali e settoriali hanno evidenziato il ruolo fondamentale del restringimento e dell’estensione di significato. Le tendenze più recenti nell’ambito della linguistica hanno riconosciuto l’esigenza di una maggiore contestualizzazione della ricerca semantica e optano per un approccio pragmatico, partendo dalle posizioni di Wittgenstein, Grice e Keller che individuano il significato di una parola nel suo uso. Oskar Reichmann, Dieter Wolf (1998) e Gerd Fritz (1998a, 1998b) riconoscono i risultati della lessicologia tradizionale, che ha individuato nei mezzi retorici quali la metafora, la metonimia, l’ironia, l’eufemismo ecc. i modelli secondo i quali avviene il cambiamento semantico. Essi sottolineano però la necessità di allargare l’orizzonte della ricerca al problema della convenzionalizzazione del nuovo significato, cioè all’indagine sui motivi per cui un’innovazione linguistica entra nell’uso della lingua e un’altra no. Questo significa che l’indagine nel campo della semantica storica si deve concentrare sull’interazione dei singoli parlanti in un preciso contesto culturale. Solo così infatti essa potrà individuare le intenzioni comunicative che hanno portato all’uso di una parola fuori dal contesto consueto e il successivo passaggio da questo impiego occasionale a quello usuale. La tradizionale teoria dei piccoli passi che caratterizzano la creazione di nuovi significati è stata arricchita da Mario Alinei (2001), direttore dei Quaderni di Semantica, che ha introdotto il termine iconimo per designare l’elemento che garantisce ai parlanti la necessaria trasparenza della genesi di un nuovo termine tramite l’impiego di materiali lessicali già esistenti. Il passaggio da un significato ad un altro pare in questa prospettiva spesso fortemente motivato, intaccando un dogma della linguistica saussuriana quale l’arbitrarietà del segno. Gli sviluppi pevedibili in ambito della semantica storica porteranno a una maggiore interazione tra pragmatica e cognitivismo. La rivalutazione del contesto culturale da una parte e della dimensione psicologica del linguaggio dall’altra che avevano orientato la fase pre-strutturalista contribuiranno a dare una fisionomia più concreta alla storia del discorso, rimasta un concetto piuttosto vago nonostante l’insistenza con la quale viene proposto (Reichardt 1998, Bödeker 2002); manca soprattutto la definizione della dimensione semiotica che la storia linguistica dovrebbe acquisire per poter comprendere in che modo la lingua scritta e orale abbia interagito con altri linguaggi, da quello mimico e gestuale a quello artistico. Le nuove tecnologie permetteranno ricerche basate su vasti corpora in modo da portare avanti la ricerca tipologica (Bybee, Pagliuca 1985, Wierzbicka 1994). In questa combinazione tra l’ermeneutica culturale e la ricerca di leggi naturali, la semantica storica, concepita come scienza interdisciplinare, interculturale e anche intermediale, potrebbe svolgere la funzione spesso richiesta alla linguistica di fare da ponte tra i due mondi scientifici. Campo lessicale, Contenuto, Concetto, Contestualizzazione, Discours, Geistesgeschichte, Geisteswissenschaft, Iconimo, Intention Significative/Signification, Langue/Parole, Narratività multilineare, Polisemia, Rappresentazione, Sattelzeit, Semasiologia/Onomasiologia, Significato, Storia strutturale, Teoria dei prototipi, Termine guida/Termine chiave. http://helios.unive.it/~pe2000/glossario/gloss_03.htm Alinei, M., 2001, “Nuove prospettive nella ricerca storico-semantica ed etimologica”, in Z. Fabian, G. Salvi, a cura, Semantica e lessicologia storiche, Atti del xxxii congresso della Società Linguistica Italiana, Roma, Bulzoni, pp. 25-46. Auerbach, E., 1967, Gesammelte Aufsätze, Bern-München, Francke, pp. 161-175. Blank, A., 2001, “Fondamenti e tipologia del cambio semantico nel lessico”, in Z. Fabian, G. Salvi, a cura, Semantica e lessicologia storiche, Atti del xxxii congresso della Società Linguistica Italiana, Roma, Bulzoni, pp. 47-67. Bödeker, H. E., a cura, 2002, Begriffsgeschichte, Diskursgeschichte, Metapherngeschichte, Göttingen, Wallstein-Verlag. Brèal, M., 1897, Essai de sémantique, science des significations, Paris, Hachette. Busse, D., 1987, Historische Semantik. Analyse eines Programms, Stuttgart, Klett-Cotta. Busse, D., Herrmanns, F., Teubert, W., a cura, 1994, Begriffsgeschcihte und Diskursgeschichte. Methodenfragen und Forschungsergebnisse der historischen Semantik, Opladen, Westdeutscher Verlag. Bybee, J. L., Pagliuca, W., 1985, “Cross-linguistic Comparison and the Development of Grammatical Meaning”, in J. Fisiak, a cura, Historical Semantics. Historical word-formation, Berlin-New York-Amsterdam, Mouton, pp. 59-84. Coseriu, E., 1958, Sincronìa, diacronìa e historia. El problema del cambio linguistico, Montevideo, Universidad de la República. De Mauro, T., 1965, Introduzione alla semantica, Bari, Laterza. Fritz, G., 1998a, “Ansätze zu einer Theorie des Sprachwandels auf der lexikalischen Ebene”, in W. Besch, A. Betten, O. Reichmann, S. Sonderegger, a cura, Sprachgeschichte. Ein Handbuch zur Geschichte der deutschen Sprache und ihrer Erforschung, Berlin, de Gruyter, pp. 860-874. Fritz, G., 1998b, Historische Semantik, Stuttgart-Weimar, Metzler. Geeraerts, D., 1997, Diachronic Prototype Semantics. A Contribution to Historical Lexicology, Oxford, Clarendon Press. Konersmann, R., 1994, Der Schleier des Timanthes. Perspektiven der historischen Semantik, Frankfurt a. M., Fischer. Konersmann, R., 1999, Komödien des Geistes. Historische Semantik als philosophische Bedeutungsgeschichte, Frankfurt a. M., Fischer. Koselleck, R., a cura, 1979, Historische Semantik und Begriffsgeschichte, Stuttgart, Klett-Cotta. Luhmann, N., 1980, Studien zur Wissenssoziologie der modernen Gesellschaft, Frankfurt a. M., Suhrkamp; trad. it. 1983, Struttura della società e semantica, Roma-Bari, Laterza. Meillet, A., 1905-1906, Comment les mots changent de sens, <<Année Sociologique>>, n. 9, pp. 1-38. Nerlich, B., 1992, Semantic Theories in Europe 1830-1930. From Etymology to Contextuality, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins. Reichmann, O., Wolf, D., 1998, “Historische Lexikologie”, in W. Besch, A. Betten, O. Reichmann, S. Sonderegger, a cura, Sprachgeschichte. Ein Handbuch zur Geschichte der deutschen Sprache und ihrer Erforschung, Berlin, de Gruyter, pp. 610-643. Nerlich, B., 1992, Semantic theories in Europe 1880-1930. From Etymology to Contextuality, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins. Reichardt, R., a cura, 1998, Aufklärung und historische Semantik. Interdisziplinäre Beiträge zur westeuropäischen Kulturgeschichte, Berlin, Duncker & Humblot. Reisig, K., 1839, Vorlesungen über lateinische Sprachwissenschaft, Leipzig, Lehnhold. Ritter J., a cura, 1971-, Historisches Wörterbuch der Philosophie, Basel Schwabe. Schmidt-Hidding, W., a cura, 1963, Europäische Schlüsselwörter. Wortvergleichende und wortgeschichtliche Studien, München, Husber. Spitzer, L., 1948, Essays in Historical Semantics, New York, Russell & Russell. Spitzer, L., 1963, L’armonia del mondo. Storia semantica di un’idea, Bologna, Il Mulino. Starobinski, J., 1999, Action e reaction. Vie et aventures d’un couple, Paris, Seuil; trad. it. 2001, Azione e reazione. Vita e avventure di una coppia, Torino, Einaudi. Stierle, K.-H., “Historische Semantik und die Geschichtlichkeit der Bedeutung”, in R. Koselleck, a cura, 1979, Historische Semantik und Begriffsgeschichte, Stuttgart, Klett-Cotta, pp. 154-189. Trier, J., 1931, Der deutsche Wortschatz im Sinnbezirk des Verstandes. Die Geschichte eines sprachlichen Feldes. Von den Anfängen bis zum Beginn des 13. Jahrhunderts, vol i , Heidelberg, Winter. Wierzbicka, A., 1994, “Semantic Primitives across Languages. A Critical Review”, in C. Goddard, A. Wierzbicka, a cura, Semantic and Lexical Universals. Theory and Empirical Findings, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, pp. 445-500. |