Laboratorio di Cultura Visuale - bibliografia |
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AA., VV.
Topografie letterarie
Cultura tedesca. Vol. 33, Carocci Editore256 p., brossura
2007
Questo numero è diviso in due parti: Percorsi e geografie e Romanzi. Nella prima interventi di Francesco Fiorentino, Marc Augè, Friedrich Kittler, Marino Freschi, Remo Caserani, John McCourt, Iain Chambers. Nella seconda i contributi sono di Franca Ruggeri, Michele Cometa, Giovanni Sanpaolo, Bruna Donatelli, Fausta Antonucci, Valeria Pompejano, Camilla Miglio. Infine un saggio di Claudio Magris su Gregor von Rezzori.
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AA. VV.,
Text and Image: Selective Annotated Bibliography
University of Minnesota
1997
(in Seminar of Studies in Criticism, Text and Images)
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AA. VV.,
La natura della visione
Edizioni Fahrenheit 451
1997
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AA. VV.,
New Media dictionary
«Leonardo», vol. 36, pp. 233–236,
2003
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Abdel-hai, Jamal M.,
Al-Jazeera at war
«Journal of Visual Culture», vol. 5 , pp. 101-107
2006
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Abel, Elizabeth
Redefining the Sisters Arts: Baudelaire Response to the Art of Delacroix,
«Critical Inquiry», vol 6, pp. 363-384
1980
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Agamben, Giorgio
Il giorno del Giudizio. Con quattro fotografie di Mario Dondero e un dagherrotipo
Nottetempo
2004
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Agamben, Giorgio
Ninfe
Bollati Boringhieri, collana Incipit, 57 pp.
2007
«In Paracelso, la ninfa si presenta come una creatura in carne e ossa, creata a immagine dell'uomo, che può acquistare un anima solo unendosi con lui. La congiunzione amorosa con l'immagine, simbolo della conoscenza perfetta, diventa in Boccaccio l'impossibile unione sessuale con una imago trasformata in creatura che "beve e mangia"...» Così, il filosofo Giorgio Agamben si avventura nell'indagine sulla natura misteriosa e doppia delle Ninfe, mettendo in campo riflessioni sulla letteratura, la filosofia, la mitologia, la storia dell'arte e l'antropologia. Rifacendosi alla lezione di Aby Warhurg che, utilizzando tutte queste "piste indiziarie", seppe dare una nuova e feconda lettura del mondo delle immagini, Agamben torna a lavorare sui materiali di "Stanze", ragionando su queste figure che paiono essere una delle chiavi più ricche per penetrare la mitologia degli antichi e anche certe costanti della nostra storia psicologica rispetto al rapporto tra Anima e Sessualità.
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Agamben, Giorgio
Che cos'è un dispositivo
Nottetempo, Roma
2006
“Il mondo in cui viviamo si presenta come una gigantesca proliferazione e accumulazione di dispositivi, al punto che non vi è oggi un solo istante della vita degli individui che non sia modellato, controllato o contaminato da un qualche dispositivo. Alla radice di ogni dispositivo – dal telefono cellulare alla televisione, dal PC all’automobile – sta, infatti, un desiderio di felicità e la cattura di questo desiderio costituisce la potenza specifica del dispositivo. Ma se i dispositivi non stanno di fronte all’uomo come oggetti neutri di consumo, ma, al contrario, sono proprio loro a creare la personalità di chi li usa, in che modo possiamo far fronte a questa situazione, quale strategia dobbiamo seguire nel nostro quotidiano corpo a corpo coi dispositivi?” Giorgio Agamben
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Agazzi, Elena , Fortunati, Vita
Memoria e saperi
Meltemi, Roma
2007
Memoria e potere, memoria e corpo, memoria e trauma, memoria e religione, memoria e immagini, i mediatori della memoria (cinema, televisione, pubblicità, giornalismo): sono le questioni centrali che esperti in differenti settori disciplinari affrontano in queste pagine, partendo da precise parole chiave – la soggettività, le emozioni, il contesto, il tempo e l’evoluzione, la tensione tra memoria e oblio, l’informazione e infine la memoria come costruzione. Queste parole costituiscono una sorta di filo rosso e un potente strumento euristico che unisce le sei sezioni in cui si articola il volume – scienze sociali; scienze biomediche; cultura visuale; media; scienze umane e studi letterari; studi religiosi – tra loro accomunate dall’idea che gli studi sulla memoria hanno scardinato le barriere disciplinari e i saperi codificati, tessendo una rete fitta di rimandi concettuali, indagati con un metodo inter/transdisciplinare. Questo volume è il risultato del progetto europeo di rete tematica di studi comparati sulla memoria culturale (ACUME).
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Agosti, Stefano
Il testo visivo. Forme e invenzioni della realtà da Cézanne a Morandi a Klee
Marinotti, 230 p., ill., brossura
2006
In uno dei suoi aforismi Georg Christoph Lichtenberg afferma che allo specialista spesso sfugge il meglio. Quasi a ricordare che le cose vanno osservate dall'esterno e che solo un esercizio siffatto consente di cogliere contorni e sostanza delle cose. Francesista e teorico della letteratura, Stefano Agosti, da sempre alle prese con i meccanismi della poesia (Petrarca, Mallarmé, Zanzotto), ma anche costantemente attratto da quelli della figurazione, consegna a questo libro le sue pagine dedicate all'arte. Essendo prevalentemente dedito alla critica testuale, Agosti assume l'opera d'arte come testo e ne decifra il senso attraverso i segni, ne svela le potenzialità, ne configura regole e funzioni. I capitoli che formano il libro sono collegati attraverso una fitta rete di riferimenti letterari e culturali e mirano a proporre l'idea di un'esperienza dell'arte visiva tutta raccolta intorno ad uno spiccato rapporto di prossimità tra il soggetto e l'opera contemplata. Tale rapporto, sostanzialmente fondato sulle capacità del soggetto di penetrare nei singoli universi espressivi sottoposti alla sua attenzione, appare teso a circoscrivere le caratteristiche formali attraverso le quali si articolano le diverse visioni del mondo, esterno o interno, di cui le opere prese in esame sono depositarie.
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Albertazzi, Silvia
In questo mondo. Ovvero, quando i luoghi raccontano le storie
Meltemi,
2006
“Forse sono i luoghi che raccontano le storie nella maniera giusta”. Questa frase – pronunciata dal narratore sui titoli di testa del film di Davide Ferrario Dopo mezzanotte (2004) – ben sintetizza l’obiettivo di questo libro, che si sviluppa intorno a una serie di suggestioni letterarie, visive e sonore sulle storie raccontate dai luoghi: luoghi sempre illusori, ma che possono apparire più reali del reale; luoghi che giustificano i personaggi e le loro azioni; luoghi in cui i protagonisti spesso si trovano spiazzati, dislocati, alla ricerca di una collocazione, di un’identità, di una casa, ovvero di uno spazio creato dal sentimento, inventato dalla necessità di trasformare la propria esperienza di sradicamento in metafora e visione. Dalla Londra dickensiana a quella dei migranti postcoloniali, dalla Brooklyn delle brownstones oggetto del desiderio di intere comunità di immigrati a quella della gentrification di fine Novecento, passando attraverso la Manhattan degli yuppies e la furia metropolitana di inizio millennio, si approda alle città invisibili della narrativa fantastica contemporanea, mondi di fiaba e realtà parallele accostati nell’ambigua consapevolezza che la strada senza meta di cui costituiscono l’improbabile sbocco non sia un cammino conosciuto in sogno o paventato in un incubo, ma stia in questo mondo, l’unico che conosciamo.
"In questo mondo" ha vinto la prima edizione del Premio Alziator per la sezione saggistica.
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Allert, Beate (a cura di)
Languages of Visuality: Crossing between Science, Art, Politics and Literature
Wayne State University Press
1996
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Alpers, Svetlana , Alpers, Paul
Ut Pictura Noesis? Criticism in Literary Studies and Art History
«New Literary History», vol. 3, pp. 437-458.
1972
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Alpers, Svetlana , Baxandall, Michael
Tiepolo and the Pictorial Intelligence
Yale University Pres
1994
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Alpers, Svetlana
Describe or Narrate? A Problem in Realistic Representation
in «New Literary History», vol. 8, pp. 15-41
1976
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Alpers, Svetlana
Ekphrasis and Aesthetic Attitudes in Vasari’s Lives
«Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», vol. 23, pp. 190-215
1960
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Alpers, Svetlana
Rembrandt’s Enterprise. The Studio and the Market
University of Chicago Press
1988
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Alpers, Svetlana
The Art of Describing. Dutch Art in the Seventeenth Century
The University of Chicago Press
1983
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Alpers, Svetlana
The Making of History of Art 15
«Art Journal», vol. 54 pp. 62-65
1995
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Amm, Marita
Might and Magic, Lust and Language – the Eye as a Metaphor in Literature. Notes on the Hierarchy of the Senses
«Documenta Ophtalmologica», n. 101, pp. 223-232
2000
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Amselle, Jean-Loup
L'arte africana contemporanea
Bollati Boringhieri, trad. it. di F. Littardi, 2007, 188 p., ill., brossura
2007
Con straordinaria lucidità e rigore scientifico, Jean-Loup Amselle discute le ragioni che motivano la presenza sempre più costante dell'arte africana contemporanea all'interno dei maggiori circuiti artistico-culturali mondiali e, in generale, nella nostra società. A guidare la sua indagine, svolta in una prospettiva antropologica, c'è la convinzione che non si debba tanto riflettere sulla componente estetica dell'arte africana, quanto sul concetto stesso di "Africa", così come viene a delinearsi nell'immaginario collettivo occidentale. Qui il Sud del mondo non si traduce in un'immagine omogenea, anzi, si moltiplica in una serie di rappresentazioni "incrociate" che lo vedono da un lato come entità degenerata, corrotta e selvaggia, e dall'altro come luogo alternativo, periferico, fonte di rigenerazione per l'intera umanità. Questo spazio ambiguo (in cui "primitivismi" di ogni sorta si intrecciano con il "meticciato", il "riciclo" e il "trash") sembra offrire all'arte e alla cultura occidentali un inesauribile contenitore di alterità. L'Africa e l'arte africana, intesa nella duplice componente "tribale" e "contemporanea", sorgerebbero infatti in tutta la loro spontaneità, ben rappresentata dalla friche – l'Afriche –, accanto a un Nord planetario esaurito, museificato, incapace di reagire all'ossessione di un mondo avviato all'uniformità, alla globalizzazione e alla "vetrificazione". Tuttavia anche la friche, in veste di arte africana contemporanea, non è che una forma vetrificata di una presunta spontaneità, costantemente sottoposta dall'estetica universale occidentale a un processo di neutralizzazione dei reali rapporti di forza, contrasti ed equivoci compresi, che da sempre intercorrono tra l'Oriente e l'Occidente del mondo. È al chiarimento di questi rapporti che si rivolge l'"estetica politica"di Amselle. Francesca Falzini
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Ansón, Antonio
Novelas como álbumes: fotografía y literatura
Mestizo
2000
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Appiano, Ave
Anima e forma. Studi sulle rappresentazioni dell'invisibile
Ananke, pp. 255
2005
La cultura occidentale ha conosciuto, sin dal mondo antico, una tradizione iconografica che si è impegnata a raffigurare l'invisibile per favorirne la comprensione. L'identità dell'anima e l'immaginario oltremondano, le sembianze angeliche e le fisiognomie macabre e mostruose, vengono a popolare lo spazio estetico dell'uomo medioevale ma hanno anche la forza di proporsi alla nostra attualità come metafore di transito tra mondo materiale e mondo spirituale. Nel volume si intrecciano, in modo inedito, i metodi iconologico e semiotico con i principi della psicologia della forma dando vita a una ricerca che descrive, con rigore ed efficacia, le costanti e le variabili di un consolidato "corpus" figurativo.
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Arasse, Daniel
Il dettaglio. La pittura vista da vicino
Il Saggiatore, 412 p., ill., brossura
2007
Per la critica tradizionale, a partire dal Rinascimento l'opera pittorica è stata concepita per essere guardata a distanza. Dalla distanza "ragionevole" si vede, e si apprezza, compiutamente la bellezza e l'armonia dell'insieme. Arasse ha smontato il principio della distanza classica in pittura. Ha dimostrato che dentro l'ordine generale di ogni quadro, dentro l'insieme della composizione, s'annidano dettagli che sfuggono a quest'ordine, e che arrivano a sovvertirlo e ad annullarlo. Queste piccole parti del quadro vengono percepite soltanto se si guarda da vicino. Dalla distanza ravvicinata si colgono gli elementi "segreti" del quadro, quelli a cui il pittore ha affidato il suo messaggio, quelli che riservano le "vere" occasioni di godimento della pittura. Attraverso la visione ravvicinata di Arasse, molti capolavori a tutti noti, e da tutti ripetutamente visti, si scoprono come "inediti", visti per la prima volta. Improvvisamente, attraverso un dettaglio, spunta una nota ironica, o un'allusione erotica, in un dipinto d'argomento sacro. Oppure affiora l'intento di forte critica politica, o la testimonianza umana ed esistenziale, in un quadro apparentemente convenzionale, a destinazione "ufficiale". O, infine, mediante il trattamento del dettaglio, il pittore può rivelare le sue più autentiche scelte stilistiche, la sua "idea" dell'arte.
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Armstrong , Nancy
Fiction in the Age of Photography. The Legacy of British Realism
Harward UP
1999
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Armstrong, Nancy
Modernism’s Iconophobia and What It Did To Gender
«Modernism/Modernity», vol. 5, 47-75
1998
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Arnheim, Rudolph
A Plea for Visual Thinking
«Critical Inquiry», vol. 6, pp. 489-497
1980
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Arnold, Dana
Facts or Fragments? Visual Histories in the Age of Mechanical Reproduction
«Art History», vol. 25, pp. 450-468
2002
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Aumont, Jacques
L'immagine
Lindau, Torino, pp. 352
2007
Il volume di Jacques Aumont, edito da Lindau, propone un’accurata analisi dell’argomento immagine, proponendo un’originale sintesi di questa tematica complessa e decisiva nella cultura contemporanea.
L’argomento è vasto, complesso e “decisivo”, come lo definisce l’autore. Il percorso proposto da Aumont, docente all’Università Sorbonne Nouvelle-Paris 3 e direttore del Collège d’Histoire de l’Art Cinématographique presso la Cinémathèque française, segue una linea logica basilare, che semplifica l’approccio alla tematica.
Il discorso, infatti, inizia dal fondamento dell’immagine, dall’organo percettivo che ci permette di vedere: l’occhio. Riuscendo a capire come funziona il nostro occhio, si ha sicuramente un’idea più precisa di quello che significa vedere prima e guardare poi. Il passo successivo introduce la figura dello spettatore, inteso nell’accezione più generale di chi guarda un’immagine e il suo rapporto con il “dispositivo”, ovvero ciò che permette di fruire della visione. L’ultima parte è dedicata all’immagine vera e propria, alla sua estetica, ai suoi significati, ai suoi modi espressivi, ai suoi rapporti con il cinema.
Nei vari capitoli, Aumont, guida il lettore nel mondo delle immagini, riuscendo a delineare una mappa attraverso la quale addentrarsi senza perdersi nella vastità del tema, e offre un’interessante approccio alla “civiltà delle immagini”, in cui le immagini sono sempre più diversificate e intercambiabili. Alla fine di questo percorso, le problematiche incontrate all’interno del volume, trovano una collocazione e una base di riflessione applicabili alla cultura del visibile nella quale siamo immersi.
(E. Oselladore)
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Azara, Pedro
L'occhio e l'ombra. Sguardi sul ritratto in Occidente
Bruno Mondadori, Milano, 192 p., brossura
2005
A chi non è mai capitato di guardare un ritratto senza sentirsene al tempo stesso osservato, studiato, giudicato? Le immagini dipinte non cessano tuttora di sorprenderci, di ammaliarci, di inquietarci: il loro sguardo dolente, fulgido o inquisitore sembra riflettere la nostra condizione di uomini, fare da specchio alle oscure profondità della nostra anima, spingendoci a interrogarci, a cercare in noi stessi le tracce di quella fugace emozione che la tela riesce a catturare e a trasmettere. Solo grazie ai ritratti possiamo tornare a guardare negli occhi gli uomini, più o meno celebri, del passato. Il misterioso luccichio del loro sguardo li rende vivi e presenti, quasi fossero sul punto di liberarsi delle odiose costrizioni della cornice e di trasformarsi, per una strana alchimia, in esseri in carne e ossa.
Dalle tavolette funerarie del Fayum ai capolavori di Rembrandt, di Vélazquez, di Picasso e di Bacon, il ritratto dischiude le porte di un mondo interiore nel quale ancora oggi vale la pena di avventurarsi e di immergersi, esibendo, attraverso la rappresentazione del corpo e dell'anima, il volto dell'umanità.
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Baratta, Giorgio
Leonardo tra noi. Immagini suoni parole nell'epoca intermediale
Carocci Editore, 174 p., brossura
2008
Leonardo è "premoderno", un personaggio di confine. Il suo non è più l'orizzonte fisso e trascendente del mondo della Scolastica, ma non è ancora quello matematizzante e dualistico della Nuova Scienza. Arte e conoscenza, matematica ed esperienza, fantasia e tecnologia confluiscono in un continuum che l'opera di Michelangelo, Galilei e Descartes frantumerà in precisi comparti producendo una divisione apparentemente irreversibile sul piano dell'essere come del sapere. Leonardo è vicino: anche il nostro tempo "ipermoderno" è diventato insofferente verso ogni rigida divisione del lavoro, della cultura, del "mondo della vita". Ma gli sconfinamenti portano troppo spesso alla confusione o per altro verso alla conflittualità, piuttosto che al dialogo o al contrappunto tra linguaggi, media, culture, come quello che ha lasciato in eredità Leonardo.
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Bell, Julian
Lo specchio del mondo. Una nuova storia dell'arte
Electa, 498 p., cartonato con sovracoperta
2008
Dai primi impulsi dell'umanità a creare forme da materiali grezzi fino alle più moderne installazioni, gli uomini sono sempre stati attratti dalla costruzione di immagini. Stili ed epoche si sono succeduti e ancora rimangono tutte da scoprire le intriganti connessioni tra tradizioni apparentemente disgiunte e lontane.
Julian Bell, pittore oltre che studioso di storia e critica d'arte, utilizza un'ampia gamma di oggetti - alcuni familiari altri meno noti - per dimostrare come l'arte sia il risultato della nostra esperienza condivisa e come, simile ad uno specchio, essa rifletta la condizione umana e le nostre principali preoccupazioni culturali.
Lontano dalle strade finora percorse dagli storici dell'arte, Bell ha scelto una prospettiva globale costruendo dei confronti che sfideranno e illumineranno il lettore: figure danzanti in bronzo dal sud dell'India, sculture romaniche, soffitti barocchi e manoscritti persiani sono raccontati uno accanto all'altro come straordinari testamenti del nostro istinto creativo universale. Il suo innovativo modo di narrare la storia dell'arte diventerà una pietra miliare per una nuova generazione di lettori.
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Belting, Hans
Antropologia delle immagini
Rizzoli, Milano
2011
Applicandosi a un repertorio quanto mai vasto - dai culti funerari dell'Antico Oriente alla fotografia e alle realtà virtuali dei media -, Hans Belting prosegue la sua riflessione su una storia dell'immagine che sia in grado di emanciparsi dalle coordinate della storia dell'arte. Nel seguire il delinearsi della storia culturale del corpo e parallelamente della percezione dell'attività corporea, Belting offre così al lettore il primo vero approccio antropologico allo studio diacronico dell'immagine.
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Belting, Hans
La vera immagine di Cristo
Bollati Boringhieri, Collana Nuova Cultura, 249 p., ill., brossura
2007
Cosa è un'immagine? Perché osservando una fotografia l'uomo pretende che gli venga restituita la verità? Certo, le immagini sono finestre sul mondo reale, ma anche l'idea di realtà muta continuamente. Per rispondere a queste domande, Belting dispiega una vera e propria "antropologia dell'immagine", studiando il concetto di "persona" di Cristo come maschera visibile del Dio invisibile. Raccoglie le sue interpretazioni delle opere d'arte mentre penetra con altrettanta agilità nei problemi teorici: studia il concetto di "persona" di Cristo come maschera visibile del Dio invisibile, interroga lo statuto della sindone e quello del corpo risorto, risale alla disputa teologica sulla "vera immagine" e analizza, attraverso Dürer, Giovanni Bellini o Francisco de Zurbarán, il problema della sua rappresentabilità artistica. Dall'icona al ritratto sino alla caricatura, che spezza il difficile equilibrio tra volto e maschera, le diverse strategie figurative hanno opposto nei secoli società e religione. E la storia di queste battaglie assume per l'autore un senso estremamente attuale: rivela la posta in gioco nel dominio dei media.
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Berger, John
Questione di sguardi
Il Saggiatore Tascabili, trad. it. di Nadotti M., 176 p.
2002
Nel corso della storia, nessuna società è mai stata dominata dai messaggi visivi quanto la nostra. Eppure, paradossalmente, siamo sempre meno capaci di vedere le immagini per quello che sono. Da un lato accettiamo acriticamente i messaggi della pubblicità, dall'altro attribuiamo alle immagini dei quadri del passato un'importanza e un contenuto che va oltre ciò che tali immagini realmente mostrano. Da quando l'opera d'arte è diventata riproducibile attraverso mezzi meccanici, essa ha perso gran parte dell'"aura" che le derivava dall'essere unica e originale. Quello che resta sono le semplici immagini, a prescindere da chi le ha create, e il loro linguaggio, che può essere utilizzato per vari scopi. John Berger dimostra come le opere d'arte del passato e la pubblicità moderna siano due mondi molto più vicini di quanto ci hanno insegnato o siamo abituati a credere.
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Bernardi, Piergiuseppe
I colori di Dio. L’immagine cristiana fra Oriente e Occidente
Bruno Mondadori, Milano
2007
Il volume di Bernardi affronta, da un punto di vista marcatamente teologico, il problema del rapporto tra immagine e divino, tra rappresentabilità e divieto della visualizzazione di Dio. Elemento costante di tutto il percorso è il richiamo alle posizioni adottate dalla Chiesa Orientale e dalla Chiesa dell’occidente, con un uso sapiente delle date cardinali della storia degli scontri – e delle contaminazioni – tra posizioni divergenti. Travalicando tuttavia i limiti dell’analisi storica, il lavoro presenta una riflessione sul difficile equilibrio tra necessità di rappresentazione e rischio della degenerazione – o della limitazione attraverso una definizione grafica – della natura di Dio. L’autore illustra gli elementi fondamentali di riflessione necessari anche per la definizione di strategie museologiche di amministrazione di un patrimonio artistico la cui natura è materiale, a fronte di una connotazione teologica orientata alla diretta valenza pastorale.
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Binswanger, Ludwig, Aby Warburg
La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg
Neri Pozza, collana "La quarta posa", 302 p., ill., rilegato
2005
Dall'aprile 1921 all'agosto 1924 Aby Warburg, geniale inventore dell'iconologia, fu ricoverato nella casa di cura diretta da Ludwig Binswanger, lo psichiatra che doveva rinnovare profondamente l'approccio al problema della malattia mentale. Questo libro pubblica non soltanto le cartelle cliniche che Binswanger redasse giornalmente sullo stato di salute del paziente, ma anche l'epistolario tra i due autori, fra i quali si stabilisce un importante scambio intellettuale sulla malattia mentale all'insegna dell'idea e dell'esperienza di una "guarigione infinita". Il volume riporta, inoltre, i testi autobiografici di Warburg relativi al soggiorno nella casa di cura.
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Bolognini, Maurizio
Postdigitale. Conversazioni sull'arte e le nuove tecnologie
Carocci Editore, Roma
2008
"Il libro ripercorre e documenta diversi anni di ricerche e scambi teorici di Bolognini con altri artisti, curatori, critici, storici. [...] Il linguaggio limpido, l'urgenza di stimolare il pensiero critico partendo da informazioni, nomi, progetti [...]. Con assoluta noncuranza per confini di contesto, Bolognini mischia il diavolo con l'acqua santa, guru dell'etica hacker e del copyleft con guru del collezionismo, accademici acclamati con enfants prodiges delle modificazioni genetiche. Bolognini stesso ci spiega perché nell'introduzione di questo testo/ricerca. L'arte che si basa sull'uso delle tecnologie è arrivata a una svolta, dopo una prima fase pionieristica. [...] E' quindi questo il momento d far riflettere gli addetti ai lavori dell'arte – dall'interno dell'esperienza effettuale del producer e non della costruzione teorica del critico – su cosa significa digitale (si veda la conversazione con Simonetta Lux in cui l'autore spiega in maniera incredibilmente semplice ed illuminante la differenza tra analogico e digitale) e che razza di artista è quello che pensa al funzionamento degli strumenti che usa....."
(Lucrezia Cippitelli)
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Bredekamp, Horst
I coralli di Darwin. I primi modelli evolutivi e la tradizione della storia naturale
Bollati Boringhieri, collana "Nuova cultura"
2006
Nell’immaginario comune il nome di Darwin è collegato inseparabilmente alla teoria dell'evoluzione attraverso la lotta per la sopravvivenza delle specie.
Meno conosciuti sono invece i dubbi che accompagnarono la nascita di tale principio.
Ciò vale anche per il ben noto modello evolutivo ad albero, che regola i criteri dello sviluppo delle specie e che si adatta perfettamente alle idee socialdarwinistiche del XIX secolo.
In questo libro, lo storico dell’arte Horst Bredekamp illustra come Darwin considerasse tale modello ad albero solo una delle varie possibili soluzioni contemplate per rappresentare in modo figurativo il processo evolutivo. Una delle alternative era il corallo, che assurgeva così a simbolo di tutto lo sviluppo naturale.
Bredekamp non ricostruisce solamente la storia del significato del corallo, ma mostra anche come Darwin abbia inserito questo simbolo tradizionale nelle sue riflessioni: come modello di una evoluzione che monta anarchicamente in tutte
le direzioni e che, diversamente da quanto appare nel modello ad albero, non vede gli esseri umani come obiettivo ultimo e supremo al termine del processo evolutivo.
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Bredekamp, Horst
Nostalgia dell'antico e fascino della macchina. La storia della Kunstkammer e il futuro della storia dell'arte
Il Saggiatore, 158 p., ill., brossura
2008
Le "Kunstkammern" erano luoghi deputati a una particolare forma di collezionismo, che prevedeva la catalogazione con criteri enciclopedici di oggetti preziosi e curiosi delle arti, delle scienze e della tecnica raccolti in base al gusto personale del proprietario. Analizzando in modo originale questo aspetto della storia dell'arte, l'autore cita aneddoti, interpreta dipinti celebri, consulta filosofi o teorici dell'arte e fa luce sull'imprevista affinità tra sculture antiche e macchine. Al centro, l'idea dell'uomo come "secondo Dio" che, in quanto "creatore", aspira al superamento della barriera tra arte e tecnica, tra arte e natura.
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Bressan, Paola
Il colore della luna. Come vediamo e perché
Laterza, Bari - Roma
2007
La bellezza sta negli occhi di chi guarda. Quello che non tutti sanno è che negli occhi (o per meglio dire nel cervello) di chi guarda stanno non solo bellezza e poesia, ma anche qualità ben più concrete delle cose che ci attorniano: grandezza e forma, colore, posizione, movimento. La realtà che vediamo è, per intero, una costruzione del nostro cervello.
Questo libro racconta di come costruiamo il mondo, e del perché lo costruiamo così. Fra una pagina e l'altra, fatti quotidiani che credevamo banali si riveleranno per quello che sono, cioè problemi scientifici. Capiremo perché il mondo non si muove quando muoviamo gli occhi, perché nei film le ruote delle diligenze sembrano ruotare all’indietro e perché il nostro cane non si interessa ai programmi televisivi; perché la frutta acerba è dello stesso colore delle foglie e perché a sei mesi di età eravamo molto più bravi a distinguere fra loro le facce delle scimmie di quanto non lo siamo ora; e perché la luna ci sembra bianca, o perfino luminosa, pur essendo grigio scuro.
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Busi, Giulio
Qabbalah visiva
Einaudi, 504 pp.
2005
Il tema del Creatore che traccia le linee del mondo ha ispirato pensatori e mistici ebrei dall'epoca tardoantica fino nel pieno dei tempi moderni. Le prime nozioni di una dottrina del grafismo divino risalgono al giudaismo alessandrino d'età ellenistica, e nascono dall'incontro tra filosofia greca e racconto biblico della creazione. Fu in questo ambiente che il Dio creatore della Bibbia si trasformò in un artista sommo, capace di abbozzare il diagramma del mondo per mutarlo poi nei volumi e nelle superfici della natura.
Attraverso le opere di Filone Alessandrino, i testi mistici dei primi secoli dell'era volgare e il neoplatonismo giudeo-arabo, il libro ripercorre l'emergere di un logos ebraico che disegna il cosmo. Quest'elaborazione teorica fu il presupposto della grande fioritura cabbalistica che iniziò nel Duecento, e che regalò al giudaismo uno dei più vasti patrimoni di rappresentazione grafica dell'invisibile.
A partire dalla metà del XIII secolo, i cabbalisti misero infatti a punto una raffinata tecnica di visualizzazione delle forze celesti, una topografia del divino che non ha eguali in alcuna altra tradizione occidentale.
Il volume si basa sull'esame diretto di centinaia di manoscritti e propone, per la prima volta a livello mondiale, circa centocinquanta immagini inedite, commentate in maniera rigorosa. Con i loro diagrammi, i cabbalisti fissarono sulla carta le proporzioni dell'architettura divina dei cieli. L'armonia delle forme geometriche cerca di catturare il mistero della creazione: il gioco delle sefirot, la guerra cosmica tra bene e male, il prorompere del peccato e l'enigma della clemenza divina vengono tradotti in rapporti spaziali, e spesso si coagulano in luoghi-parola, in cui la scrittura ebraica si combina con acute invenzioni formali.
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Camerota, Filippo
La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza
Mondadori Electa, pp. 368
2006
Il volume affonta la complessa interazione tra intessi scientifici e procedimenti tecnici che costituiscono il fondamento di alcuni dei più straordinari capolavori della pittura, dell'architettura e della scienza rinascimentale. Strutturato in quattro capitoli - Nel nome di Euclide, Prospectiva pingendi, Prospectiva aedificandi, Misura e rapprensentazione - il volume ripercorre la storia della prospettiva a partire dagli studi sulla geometria della visione basati sul modello geometrico proposto da Euclide. Da Giotto, cui spetta il merito di aver rivoluzionato il concetto di rappresentazione spaziale, a Brunelleschi, universalmente riconosciuto come padre della prospettiva lineare, dal De pictura di Leon Battista Alberti, alle riflessioni di Leonardo sulle questioni ottico-geometriche. Il volume inoltre offre l'analisi di architetture di straordinaria efficacia prospettica: dal coro di Santa Maria presso San Satiro di Bramante, alle architetture dipinte di Padre Pozzo, alle cupole traforate di Bernardo Vittone.
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Canevacci, Massimo
Una stupita fatticità
Costa & Nolan, (collana "Estetiche della comunicazione globale"), 250 p., ill., brossura
2007
La cultura contemporanea è caratterizzata dalla proliferazione di nuove forme di feticismo radicalmente trasformate, rispetto a quelle classiche, dai flussi della comunicazione digitale e del consumo performativo. Il titolo del libro cita un concetto che Adorno usa per criticare il metodo che cerca di dissolvere i processi di reificazione rivendicato da Benjamin: forare le fatticità visuali, cioè l'insieme di oggetti-cose-merci, con lo stupore di uno sguardo che è avvolto e che fuoriesce dai feticismi. L'autore parte da questo concetto - la stupita fatticità, tratto dalla corrispondenza tra i due amici per adeguarlo alla penetrazione minuziosa e perturbativa degli attuali feticismi attraverso alcune parole-chiave: "bodyscape", "location", "attrattore". Ovvero tra i movimenti e i mutamenti del corpo panoramatico di un "multividuo" che fluttua tra luoghi, spazi, interstizi della metropoli comunicazionale. Gli attrattori sono codici visuali ad alto valore feticista che attraggono e fissano lo sguardo. Sono policentrici e polimorfi, sincretici e fetish. Sono il movimento zero della pupilla. Da questa prospettiva, la ricerca si snoda sull'attrazione di corpi proliferanti in pubblicità, design, arte, architettura, moda; sui nessi tra sessualità-erotismo-porno; sulle bambole illusive di Rilke, perverse di Hans Bellmer, stupite di Simon Yotsuya. Infine disegna la prospettiva di un metafeticismo come possibilità politica comunicazionale per fatticità corporee liberate dallo stupore.
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Cartwright, Lisa
Screening the body: tracing medicine's visual culture
University of Minnesota Press
1995
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Castelli Gattinara, Enrico
Il demoniaco nell'arte
Bollati Boringhieri, (saggio introduttivo di Corrado Bologna)
2007
Il filosofo Enrico Castelli ha combattuto per tutta la sua vita una battaglia in nome di un pensiero religioso, teologico, che gli ha permesso di aprirsi alle più diverse e innovative correnti della cultura a lui contemporanea, dalla linguistica alla psicoanalisi, dalla cibernetica alla teoria dell'informazione. Già nel 1945, Castelli, iniziando a raccogliere immagini e appunti su temi legati all'arte sacra, al bene e al male, alla Grazia, annotava che "il discorrere della filosofia ha dei punti di contatto con l'arte di Bosch, perché permette di mostrare facendo sentire". Questo libro risponde all'interrogativo tutto filosofico sul bene e il male, sui loro limiti e le loro potenzialità, attraverso l'esame dell'arte sacra tra il XIV e il XVII secolo e commentandone le varie rappresentazioni del demoniaco in modo da mostrare come alcuni artisti siano stati, in un certo senso, dei veri e propri teologi.
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Chatwin, Bruce , a cura di David King, Francis Wyndham
L'occhio assoluto
Adelphi, trad. it. di C. Morena
1993
Come si parla di orecchio assoluto a proposito di coloro che sanno riconoscere perfettamente l’altezza dei suoni, si potrebbe parlare di «occhio assoluto» per una qualità che Bruce Chatwin già mostrava nei suoi scritti e che ora ci appare, e si impone, nelle sue fotografie. Riconoscere in ciò che sta attorno a noi – e soprattutto attorno all’occhio, sempre mobile, del viaggiatore – quegli spicchi di realtà che sono altrettante visioni, isolarli dal resto e lasciarli vibrare nella loro pura evidenza ottica: questo è il segno di elezione dell’«occhio assoluto». Le immagini che compaiono in questo libro furono colte in Patagonia e in Mauritania, in Australia e nell’Afghanistan, nel Mali e in Nepal, ma spesso il luogo di origine e l’occasione rimangono indecifrabili, come se la pura accidentalità del viaggiare fosse servita a far emergere ogni volta, in un labile momento, la piena singolarità di un frammento di ciò che è, senza altri attributi, e al tempo stesso il muto stupore dell’occhio che lo coglie. Insieme a queste sorprendenti fotografie appaiono qui per la prima volta lunghi estratti dai taccuini di Chatwin, riserva alla quale era solito attingere per tutte le sue opere. Da due vie, dunque, L’occhio assoluto permetterà di entrare nel segreto – quasi nella percezione stessa – di uno scrittore che rimarrà fra i grandi dei nostri anni.
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Christov-Bakargiev, Carolyn , Herbert, Martin, Rugoff, Ralph, Schwabsky, Barry, Silverman, Kaja
Dipingere la vita moderna
Skira, 200 pagine, 162 colori e b/n, brossura
2008
Dipingere la vita moderna affronta quella che può essere definita la svolta più importante nella storia della pittura contemporanea dal 1960 a oggi: l’uso e la traduzione dell’immagine fotografica. Nel presente catalogo si ricostruisce l’evoluzione di questa tendenza nell’arte internazionale degli ultimi 45 anni, a partire dalle opere rilevanti create negli anni Sessanta da pittori come Gerhard Richter, Vija Celmins, Andy Warhol e Malcolm Morley, i quali si erano ispirati a immagini fotografiche.
Con un ricco corredo di illustrazioni di oltre 100 dipinti di 22 artisti, che nel loro lavoro attingono a fonti fotografiche disparate – istantanee amatoriali, foto di cronaca di giornali, illustrazioni da riviste – Dipingere la vita moderna analizza come un’immagine cambi drammaticamente significato e contenuto a seconda del mezzo espressivo adoperato.
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Ciminelli, Maria Luisa
Immagini in opera. Nuove vie in antropologia dell'arte
Liguori, pp. 442
2007
L'introduzione di Maria Luisa Ciminelli è un punto di partenza per chi non è pratico di Antropologia dell'arte, la curatrice inizia infatti dalle basi e dalla definizione del termine-concetto di "arte" come un costrutto occidentale e non universale, poiché l'arte è un "fatto sociale totale" (M. Mauss). Esauriente anche la ripresa di Lévy-Strauss e Fabian per allontanarsi dalle vecchie visioni di arte primitiva e felici tropici, riproponendo i concetti di allocronismo e di corruzione dell'esotico, cioè la pervicace abitudine dell'Occidente a esorcizzare l'Altro, distanziandolo da sé.
Una breve storia dell'antropologia dell'arte ci introduce alla carrellata degli interventi esposti nell'opera.
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Ciuffoli, Emanuela
Texture. Manipolazioni corporee tra tecnologia e digitale
Meltemi, 192 pagine.
2007
Con un semplice intervento in day hospital è possibile recuperare la verginità perduta e garantirsi l’ebbrezza di un rinnovato debutto. Utilizzando la crema ingiallente proposta da uno studio di design italiano si può “cinesizzare” il proprio incarnato facendo della pelle il sito di transito degli immaginari migratori: la cifra profonda del contemporaneo è una riarticolazione del corpo che non agisce solo a livello simbolico, ma scompagina la carne, generando nuove narrazioni del desiderio. La matrice essenzialmente mitologica della metamorfosi si fa tecnologica spingendo verso un meta-morphing digitalizzato e medicalizzato. Sempre più friabile il confine tra televisione e autopsia, sempre meno definita la distinzione tra chirurgia e spettacolo: gli ultimi anni ci pongono di fronte a un proliferare di anatomie fantastiche, a una somatizzazione dei generi televisivi (CSI, Extreme makeover, The Swan, Nip/Tuck, ecc.) e a una cosmetizzazione dell’interno del corpo. Se la modificazione corporea – dal tatuaggio al branding, passando per le scarificazioni e le costrizioni mediante busti e fasciature – è da tempo una tematica centrale per quelle discipline che si interessano alle pratiche di costituzione dell’identità, essa appare, nelle sue derive ipertecnologiche, fondamentale per la comprensione delle modalità di interconnessione tra carne e tecnologia. Revirgination, trapianti di volto, colture di tessuti organici: sulla manipolazione dei propri panorami corporei, siano essi interni o esterni, i soggetti giocano la loro relazione all’altro e al proprio sé. I saggi qui raccolti incrociano, secondo un approccio transdisciplinare, le tematiche della digitalizzazione degli immaginari e delle modificazioni delle geografie corporee, focalizzando l’attenzione su quelle torsioni delle texture (informatiche, cutanee, narrative) che portano le pratiche manipolatorie a mescolarsi a quelle mediali.
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Coglitore, Roberta (a cura di)
Lo sguardo reciproco. Letteratura e immagini tra Settecento e Novecento
ETS, 340 pagine, brossura
2007
Molteplici sono le modalità di incontro tra il mondo della letteratura e quello delle immagini. Questo volume, articolato in tre sezioni - sopravvivenze, descrizioni, rappresentazioni - presenta alcune di queste "collaborazioni" nella letteratura europea degli ultimi tre secoli.
Al volume partecipano studiosi di diverse discipline, in particolare estetica, germanistica e comparatistica, interessati ad esplorare un territorio comune che si situa tra gli studi di cultura visuale e gli studi letterari.
Gli "sguardi" che attraversano tutti i saggi si combinano in relazioni di volta in volta diverse, dando luogo a prospettive differenti. Si tratta talora di sguardi rivolti nella stessa direzione, mirati a costruire un comune patrimonio figurativo tra letteratura e arte (Cometa, Agazzi, D'Angelo); talvolta si tratta di sguardi in competizione, laddove un'espressione artistica cerca di prevalere o di sostituirsi all'altra (Mazzara, Ascarelli, Coglitore); o ancora di sguardi che agiscono rivelando omologie di funzionamento tra i due media (Gambino, Calabrese, Cammarata).
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Coglitore, Roberta
Pietre figurate. Forme del fantastico e mondo minerale
ETS, collana "Diagonali", pagine 224
2004
Sulle superfici delle pietre e dei minerali l'immaginazione umana si è esercitata a riconoscere nel corso dei secoli figure provviste di senso. Il volume ricostruisce tre modalità di lettura delle pietre figurate: quella del collezionismo, quella dell'estetica della natura e quella del saggismo novecentesco.
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Coglitore, Roberta (a cura di)
Cultura visuale. Paradigmi a confronto
Duepunti Edizioni, pagine 124
2008
Dall’iconologia dello sguardo in pittura ai dispositivi ottici in letteratura, dall’immagine digitale alla teoria del ritratto, dalla figuratività dei testi allo statuto narrativo delle immagini, gli studi presentati in questo volume toccano i punti nevralgici dell’attuale riflessione sulla visualità e sull’immagine.
interventi:
H. Belting, Per una iconologia dello sguardo;
A. Beyer, Il volto: descritto, dipinto, letto;
M. Cometa, Iconocrasch. Sul disastro delle immagini;
Ph. Hamon, La letteratura, la linea, il punto, il piano;
W.J.T. Mitchell, Realismo e immagini digitali;
U. Stadler, Vedere meglio, vedere altro!;
Roberta Coglitore, Postfazione.
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Cometa, Michele
Descrizione e desiderio
Meltemi, Roma
2004
Descrizione e desiderio sono i due poli entro cui s'inscrive l'esperienza che E. T. A. Hoffmann, uno dei massimi scrittori del fantastico ottocentesco, fa della pittura antica e moderna. Raffaello e Salvator Rosa, Bosch e Van Dyck, la pittura di paesaggio fiamminga e la pittura sacra italiana costituiscono il canone implicito della sua narrativa. Attraverso un'analisi delle modalità di descrizione dei quadri nelle principali opere narrative di Hoffmann e la ricostruzione delle loro fonti visive, questo saggio ci restituisce una galleria immaginaria di figure che possono essere considerate protagoniste viventi dell'immaginario moderno e che hanno condizionato tutta la narrativa fantastica dell'Ottocento europeo.
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Cometa, Michele
Il romanzo dell'architettura
Laterza, Roma-Bari
2008
Il libro disegna con grande originalità e ricchezza di riferimenti una mappa degli incontri e delle intersezioni che durante l'età di Goethe hanno segnato la formazione dell'architettura tedesca da Winckelmann a Schinkel. Essi passano tutti immancabilmente per il Sud Italia e in special modo per la Sicilia, la cui riscoperta settecentesca segna indelebilmente la cultura estetica tedesca e il magistero dello stesso Goethe.
Questa tappa fondamentale del Grand Tour – ossia del viaggio di formazione culturale e umana che i giovani europei delle migliori famiglie intraprendevano nel Settecento (e oltre) – fu la palestra e l'utopia dell'architettura moderna, il luogo insomma dove essa si venne formando e maturò i suoi ideali. Attraverso il confronto con l'architettura meridionale, nella sua duplice tipologia: magno-greca o normanno-sveva, si è formata la coscienza artistica e professionale delle grandi figure dell'architettura tedesca del Sette e Ottocento – oltre Winckelmann e Schinkel, Gentz e Weinbrenner, Hittorf e Klenze, i fratelli Boisserée e Moller, Gärtner e Semper, Hirt e Hessemer, e altri ancora.
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Cometa, Michele
Visioni della fine. Apocalissi, catastrofi, estinzioni
Duepunti edizioni, Palermo
2009
L'alba del nuovo millennio è stata salutata da eventi catastrofici in cui l'immaginario letterario trova conferma nell'attualità della cronaca. Da Kafka a Blumenberg, da Jim Morrison a Francis Ford Coppola, dall'astronomia settecentesca alla teologia negativa, la staordinaria visionarietà della letteratura apocalittica si è costantemente intrecciata con le immagini della cultura di massa, l'indagine teologica sul Giudizio finale con le mitologie popolari della distruzione del mondo. Nei saggi che compongono questo volume l'autore ricostruisce le figurazioni tradizionali del pensiero della fine nella letteratura, nell'arte e nel cinema, proponendo al pensiero contemporaneo una riflessione sulle virtualità del futuro.
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Cometa, Michele , Crescenzi, Luca
Cultura e rappresentazione nell’età di Goethe
Carocci, Roma
2003
Indice:
Introduzione di Michele Cometa e Luca Crescenzi
Inesauribili discontinuità. Nefertiti, Caracas, Alexander von Humboldt e le tracce della storia dell’arte di Luca Crescenzi
Alle origini del giovane Lessing. Modelli italiani di Liselotte Grevel
Herder 1769. Viaggio e “invenzione” di sé: Journal, poesie, lettere di Camilla Miglio
Il prezzo dell’amore. Incontri pericolosi nel Don Carlos di Schiller di Maria Carolina Foi
Coppe d’argento e mele d’oro. Rappresentazioni femminili nel teatro di Charlotte von Stein di Rita Calabrese
Profezia e lettura della storia nel tardo Ludwig Börne di Laura Benzi
Espressioni della simpatia di Kai Neubauer
Antropogafia magica nei frammenti di Novalis di Margherita Cottone
Il canone pelasgico. Teoria dell’architettura e storia delle culture nell’età di Goethe di Michele Cometa
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Cometa, Michele , Vaccaro, Salvo
Lo sguardo di Foucault
Meltemi, Roma
2007
La nozione di sguardo è centrale nel pensiero del filosofo francese Michel Foucault, che la utilizza in molteplici declinazioni del suo discorso: dalla clinica all’estetica, dall’epistemologia alla politica, dall’architettura ai saperi del corpo. Lo sguardo clinico è in azione nella diagnostica, nella tassonomia delle malattie, nella percezione dei sintomi che si esprimono sul corpo del malato. Allo sguardo estetico, quello della cultura visuale ma anche quello della letteratura, è invece affidata la determinazione dei “regimi scopici” di un’epoca (dall’architettura alla pittura, dalla fotografia alle arti figurative) e con essi la forma stessa del discorso letterario che Foucault ha sempre concepito a partire dalla contrapposizione di verbale e visuale. La dimensione epistemologica dello sguardo si concretizza in uno stile di analisi e di critica dei saperi a cui Foucault ha dedicato gran parte della sua riflessione teorica. Nella magistrale interpretazione del Panopticon di Bentham, infine, Foucault ci consegna la più lucida analisi dello sguardo politico nell’era moderna secondo una prospettiva che le attuali pratiche di controllo e sorveglianza sociale rendono quanto mai cruciale. Per le sue qualità transdisciplinari l’interpretazione foucaultiana è stata ampiamente ripresa nel tardo Novecento. Il volume intende offrire, grazie alla partecipazione di alcuni tra i principali studiosi dell’opera di Foucault come Stefano Catucci, Michele Cometa, Daniel Defert, Albert Dichy, Stuart Elden, Martin Jay, Thomas Lemke e Salvo Vaccaro, una rassegna problematica di queste modalità dello “sguardo” all’incrocio tra cultura visuale, studi culturali e discipline politologiche.
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Cometa, Michele
Parole che dipingono. Letteratura e cultura visuale tra Settecento e Novecento
Meltemi, Roma, pagine 192.
2004
Ci sono dipinti, sculture, pitture vascolari, architetture che possono essere considerati il precipitato della cultura visuale di una determinata epoca storica: analizzarli significa dunque ricostruire le configurazioni antropologiche, e perciò comuni, dell’immaginario del tempo. Così lo studio del Laocoonte mostra come quest’immagine canonica, e già nel Settecento “classica”, dia voce alle ragioni del corpo nell’età di Goethe, mentre le immagini delle cattedrali di Karl Friedrich Schinkel rappresentano la sintesi tra l’estetica del gotico e le utopie politiche e religiose di una generazione impegnata nella guerra di liberazione dalla Francia. La descrizione delle immagini (l’ékphrasis) è d’altronde questione centrale per la moderna teoria letteraria e per gli studi di cultura visuale, da quella che si fonda su una sostanziale “fiducia” nell’interscambio tra la letteratura e le arti, come nel caso di Wilhelm Heinse e di Marie Luise Kaschnitz, alle descrizioni in cui ha il sopravvento la dimnensione mentale dell’immagine, come nelle inquietudini del tardo romanticismo tedesco e nei paradossi espliciti delle filosofie di Dostoevskij, Nietzsche, Freud, Heidegger e Bloch. Per finire con il gesto davvero iconoclasta – ma si potrebbe dire “per amore delll’immagine” – di Thomas Bernhard, il cui nichilismo consuma tutte le possibilità di una rappresentazione letteraria delle immagini.
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Cometa, Michele , J.L. Villacañas Berlanga, S. Vaccaro, S. Marcenò, M. Corella Lacasa, A. Rivera García, A.L. Carbone, R. Coglitore
Iconografia e storia dei concetti
Duepunti Edizioni, 224 pp.
2008
Una messa a punto teorica e una raccolta di case studies in vista della definizione dello statuto e delle intersezioni di due discipline, l’iconografia e la storia dei concetti, che studiano secondo prospettive complementari la relazione tra immagini e concetti. L’immaginario del potere e della sovranità, i codici miniati dell’Apocalisse, la pittura di Tiziano, di Dürer e del maestro del Trionfo della morte di Palermo, l’opera scientifica di Aristotele e quella letteraria di Caillois appaiono così sotto una luce nuova, aprendosi a interpretazioni inedite.
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Cometa, Michele , Montandon, Alain
Vedere. Lo sguardo di ETA Hoffmann
Duepunti Edizioni, pp. 199
2009
Uno studio a quattro mani sul "vedere" in E.T.A. Hoffmann che segna la centralità di questo autore sia sul versante di una teoria dello sguardo romantico sia su quello del rapporto tra dispositivi ottici e scrittura letteraria. Vedere la folla attraverso una serie di inquadrature e una articolata tassonomia di sguardi: del voyeur, dello spettatore, dello scienziato, del visionario. Vedere la notte in un'oscurità che si popola di presenze inquietanti e sottrae il reale alla vista segnando la crisi della rappresentazione classica.
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Corti , C. , Messina M. G. (a cura di)
Poesia come pittura nel romanticismo inglese
Liguori, 224 p., ill., brossura
2004
Ogni periodo storico ha il proprio «occhio», cioè un proprio modo di guardare e di guardarsi. Lo sguardo dei poeti e degli artisti romantici inglesi ama indugiare sui paesaggi, tanto quelli familiari, britannici e continentali, quanto quelli lontani e misteriosi dell'oriente in corso di colonizzazione. Ma lo stesso «occhio» romantico ama anche osservare le prospettive dei nuovi, spaziosi teatri di fine Settecento e primo Ottocento, soprattutto per catturare forme e lineamenti degli attori, che funzionano sulla scena come «ritratti». Ed è proprio il ritratto a proporsi come zona di interferenza tra rappresentazione visiva e scrittura letteraria. Questo volume analizza, per la prima volta, i procedimenti compositivi intercorrenti tra testi letterari e opere pittoriche nel Romanticismo inglese, in generi quali autobiografia e autoritratto, poesia descrittiva e pittura di paesaggio, letteratura drammatica e produzione pittorica, critica teatrale e critica d´arte, poesia e pittura orientaliste, libri di modelli con didascalie letterarie.
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Danius, Sara
Novel Visions and the Crisis of Culture: Visual Technology, Modernism, and Death in The Magic Mountain
«boundary 2», vol. 27, 177-211
2000
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Di Monte, Maria Giuseppina (a cura di)
Immagine e scrittura
Meltemi, Roma, 335 pagine
2006
I saggi raccolti in questo volume intendono far luce sul complesso e mai risolto rapporto fra immagine e scrittura, tenendo conto dell’evoluzione e dell’emergenza di campi d’esperienza che sollecitano in tal senso nuovi interrogativi. Il fenomeno dell’arte moderna e contemporanea sembra qualificarsi come terreno di coltura privilegiato e laboratorio per la messa in questione delle relazioni tra visione e linguaggio. Il volume fa convergere intorno a un medesimo ambito problematico strumenti analitici ed esegetici disciplinarmente differenziati, convocando su uno stesso banco di prova modelli euristici costruiti su oggetti di indagine molto diversi, ma ugualmente coinvolti nell’interpretazione di fenomeni culturali complessi. Solo facendo ricorso a una pluralità di punti di vista – dall’estetica fenomenologica alla filosofia del linguaggio, dall’iconologia alla teoria della letteratura, dalla semiotica alla psicologia della percezione – si potrà infatti rispondere adeguatamente alle “provocazioni” e alle “urgenze” di una cultura visuale che rischia di restare “lettera morta”.
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Didi-Huberman, Georges
Gesti d'aria e di pietra
Diabasis, collana "Spazio e Tempo"
2006
Gesti d'aria e di pietra apre, in uno spazio molto breve, una riflessione a tutto campo intorno alla psicanalisi e all'arte. Aria e pietra, gesto e sospensione del gesto, desiderio e rinuncia sono, per il finissimo filosofo francese che rilegge Pierre Fédida (autore di una riflessione sull'aria come movimento dell'inconscio, e di una singolare poetica che congiunge pittura e psicanalisi – Cézanne, Mallarmé, le rarefazioni di Giacometti...) – la materia di cui sono impastate le immagini. Il libro tratta del "pensiero dell'assenza", che produce una teoria del "soffio" indistinto dell'immagine. Un saggio scritto con prosa intensa e leggerissima, che invita a mettere la psicanalisi in dialogo con la filosofia, la poesia, l'antropologia, l'arte e la biologia.
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Didi-Huberman, Georges
L'immagine insepolta
Bollati Boringhieri, Collana "Nuova Cultura"
2006
Racchiuso dai suoi successori Panofsky, Saxl e Gombrich nei confini pacificati ma mutili dell'iconologia, Aby Warburg ritrova oggi l'eccentricità disciplinare, la felice e disorientante incollocabilità, la vertigine epistemica che composero la sua cifra di studioso. Didi-Huberman gliela restituisce per intero, in un libro che mette in risonanza i molteplici saperi che Warburg fu il primo ad attraversare da storico dell'arte, ossia filosofia, antropologia, pensiero psicoanalitico. Al cuore di una storia dell'arte sottratta sia all'estetismo dei "buongustai" sia al filologismo dei ricognitori di forme inerti, egli pose l'immagine: non morta icona, bensì coreografia di un sintomo, fossile vivente, configurazione della vita estatica in perenne movimento, gesto intensificato che trasmette pathos, formula visiva attinta all'antico che scompiglia con la sua efficacia simbolica i vettori lineari della durata e genera anacronismi.
L'immagine è ciò che è passato sopravvive e torna a inquietare lo sguardo, come la Ninfa che riaffiora dalla classicità in una servetta rinascimentale del Ghirlandaio, o come i fantasmi che non muoiono mai del tutto.
Non a caso "racconto di fate venuto dal reale" o "storia di fantasmi per adulti" venne chiamata da Warburg quella scienza senza nome che è la storia delle immagini. Storia tensiva che ha per oggetto una dinamica instabile di latenze e di risvegli, un groviglio guizzante e inestricabile di tempi. Lo stesso che Warburg vide rappresentato nel Nuovo Messico nel rituale hopi del serpente e che evocò per sè, quando assimilò il proprio stile a una "zuppa d'anguilla".
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Didi-Huberman, Georges
Immagini malgrado tutto
Raffaello Cortina, 228 p., ill., brossura
2005
A partire da quattro foto strappate all'inferno di Auschwitz, questo libro sviluppa un'originale riflessione sulla memoria, l'immagine e l'opera d'arte. La posta in gioco è la possibilità di accostarci a quella realtà per molti inimmaginabile che furono i campi di sterminio nazisti. Ma non si tratta solo di questo. Si tratta anche di capire quali siano i limiti e le potenzialità specifiche dell'immagine in quanto tale, artistica, fotografica, cinematografica.
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Didi-Huberman, Georges
Storia dell'arte e anacronismo delle immagini
Bollati Boringhieri, 263 p., ill., brossura
2007
L'anacronismo, ovvero l'intrusione di un'epoca in un'altra, la proiezione sul passato di categorie che non gli appartengono, è la bestia nera di ogni disciplina storiografica, compresa la storia dell'arte. Ma il tabù dell'operazione ritenuta falsificante sopra ogni altra è rovesciato da Didi-Huberman nella prospettiva che la recupera a paradigma vitale dell'interrogazione storica, sulla scorta delle tre "stelle solitarie" che hanno posto l'immagine nel cuore stesso della riflessione sul tempo: Aby Warburg, Walter Benjamin e Carl Einstein. Il tempo non si identifica senza residui con la storia, di cui le immagini non sono meri documenti, secondo l'abusata formula "l'artista e il suo tempo". Dunque quale tempo ci sta davanti nell'immagine? È innanzi tutto un tempo plurale, un montaggio di temporalità differenti e sfasate, di ritmi eterogenei, come accade in un affresco del Beato Angelico, dove un pensiero mistico del V secolo si incastona in una cornice già rinascimentale. La storia dell'arte si esercita su questi oggetti temporalmente spuri, e facendolo modifica lo schema epistemico della storia stessa, mette in atto una serie di temporalizzazioni che è anche una critica della storia in quanto sottomessa alla dinamica chiusa della cronologia.
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Didi-Huberman, Georges
Il gioco delle evidenze. La dialettica dello sguardo nell'arte contemporanea
Fazi, collana "Le terre", 226 p., ill., rilegato
2008
Quel che osserviamo ha valore - ci colpisce, ci parla - perché ci riguarda. E se questo è vero, come pensare oggi le implicazioni estetiche, psicologiche, etiche dell'atto di guardare? Georges Didi-Huberman individua nei "guardanti" due atteggiamenti opposti ed egualmente insufficienti: uno sempre pronto a credere che quanto ha di fronte agli occhi conduca a un piano posto oltre la visione stessa; l'altro ancorato all'apparente evidenza di ciò che si guarda, alla tautologia, al "ciò che si vede è ciò che si vede" e basta. Posizioni che l'autore rintraccia nella storia dell'arte ma anche nella tradizione letteraria. Per superare questa dicotomia occorre immaginare un modo di guardare che non crede a ciò che vede ma neppure si limita alla pura esaltazione della superficie. Per confrontarsi con il movimento dialettico tra apparenza e profondità che abita ogni immagine, l'autore sceglie di misurarsi con un'opera che rappresenta un "grado zero" dell'iconografia, forse la creazione più essenziale che la scultura contemporanea abbia offerto: il grande cubo nero dell'artista americano Tony Smith. È davanti a quest'oggetto - al suo potere di fascinazione, alla sua inquietante alterità, alla sua potenza - che si può ripensare il rapporto tra la forma e la presenza. Dando una nuova lettura dell'arte minimalista e dei problemi teorici ed etici che essa ha sollevato, Didi-Huberman propone un'antropologia dell'immagine e un esame dei rapporti vivi fra l'opera e chi la guarda.
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Didi-Huberman, Georges
La pittura incarnata. Saggio sull'immagine vivente
Il Saggiatore, 165 p., brossura
2008
Il fine della pittura è andare oltre la pittura, afferma Honoré de Balzac, che nel "Capolavoro sconosciuto" narra il mito di quest'arte, le sue origini, i suoi mezzi, i suoi estremi. Nella scena cruciale del racconto, Poussin e Porbus sono davanti all'opera del loro maestro Frenhofer, un ritratto così perfetto agli occhi del pittore, da fargli credere che la donna raffigurata sia viva, che si muova, che respiri. Dal drammatico desiderio dell'artista di rendere viva la carne dipinta, nascono i "pensieri sparsi" di Georges Didi-Huberman sul problema estetico dell'incarnato in pittura. L'autore ripercorre e interpreta le riflessioni sviluppatesi intorno all'"esigenza della carne", da Cennini a Diderot, Hegel, Merleau-Ponty. Richiama i miti di Pigmalione e Orfeo. Penetra nello struggimento che costringe l'artista a "scendere nell'inferno" per rendere vivo l'oggetto della pittura, per dare vita alla sua Galatea, per ridare la vita alla sua Euridice. Non solo. Didi-Huberman affronta anche il dopo, quello che avviene quando l'artista ha ormai realizzato l'opera, il senso di perdita, o la perdita di sé, che può derivarne: se l'oggetto della pittura, la carne, si perde irrimediabilmente sulla superficie piana, che cosa rimane? Un bagliore? Un dettaglio? Un lembo? O niente? In appendice "Il capolavoro sconosciuto" di Honoré de Balzac.
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Didi-Huberman, Georges
L' immagine aperta. Motivi dell'incarnazione nelle arti visive
Bruno Mondadori, collana "Sintesi", 308 p., ill., brossura
2008
Questo libro interroga le relazioni antropologiche cruciali che le immagini intrattengono con il corpo e la carne, al di là delle usuali nozioni di antropomorfismo o di rappresentazione figurativa. Vi sono analizzate le diverse modalità con cui le immagini guardano alla carne, che sia la carne di Afrodite formata dalla schiuma del mare o quella di Cristo sacrificato sulla croce. Paganesimo e cristianesimo, ognuno con i suoi contesti di pensiero, avrebbero, in effetti, entrambi cercato di raggiungere, o forse trasgredire, i limiti dell'imitazione: da una parte le metafore diventano metamorfosi, dall'altra i segni che rappresentano diventano dei sintomi che incarnano. Si scoprirà questa potenza straordinaria dei corpi allorché in essi la carne guarda all'immagine, a esempio nella stigmatizzazione di San Francesco del XIII secolo, la crocifissione dei Convulsionari di San Medardo del XVIII secolo o le "attrazioni" isteriche della Salpétrière del XIX secolo.
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Dikovitskaya, Margarita (a cura di)
Visual Culture Questionnaire
«October», vol. 7, pp. 25-70
1996
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Dondero, Maria Giulia
Fotografare il sacro: indagini semiotiche
Meltemi, 239 pagine
2007
La fotografia contemporanea costruisce molto spesso forti riferimenti intertestuali all'iconografia religiosa della tradizione pittorica proponendo un nuovo significato del sacro. La produzione di alcuni celebri fotografi contemporanei (Joel-Peter Witkin, Duane Michals, Pierre et Gilles, Jan Saudek, Olivier Richon, Sam Taylor-Wood, Allan Sekula) mostra come l'immagine fotografica possa "tenere un discorso" sul sacro non solo per via negativa (attraverso la desacralizzazione della tematica religiosa), ma anche rivelando valori trascendenti o dando un nuovo senso a processi come la malattia, l'elaborazione di un progetto di vita, la salvaguardia della propria dignità, la preparazione alla morte. Il dominio del sacro non è quindi un campo predeterminato, ma il territorio di continue operazioni di valorizzazione che si esplicano nella produzione testuale. Le analisi proposte nel volume sono accompagnate da una riflessione semiotica sulle diverse teorie fotografiche e su alcune nozioni molto discusse, legate alla sacralizzazione dell'oggetto-fotografia e all'iconografia del sacro, come aura, punctum, impronta, magia.
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Dyer, Geoff
L'infinito istante
Einaudi, pp. XVI - 264
2007
«Io non sono un fotografo. Non voglio semplicemente dire che non sono un fotografo professionista o serio; intendo proprio dire che nemmeno posseggo una macchina fotografica. Le sole volte che scatto delle foto è quando i turisti mi chiedono di fargliene una, con la loro fotocamera (queste rare opere sono adesso disperse in giro per il mondo in collezioni private, soprattutto in Giappone). Questo è sicuramente un handicap ma significa che mi sono avvicinato a questo mezzo con una certa purezza. Ho anche la sensazione che il non fare fotografie sia una condizione per scrivere di esse, come il non suonare alcuno strumento musicale è stato per me un requisito indispensabile per scrivere di jazz nei tardi anni Ottanta [...]. Dorothea Lange ha detto che "la macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza la macchina". Posso non essere un fotografo ma ora vedo il genere di fotografie che avrei potuto fare se lo fossi stato»
Geoff Dyer
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Eco, Umberto (a cura di)
Storia della bruttezza
Bompiani, collana "Tascabili Saggi"
2010
Questo libro fa seguito al precedente Storia della bellezza. Apparentemente bellezza e bruttezza sono concetti che si implicano l’uno con l’altro, e di solito s’intende la bruttezza come l’opposto della bellezza, tanto che basterebbe definire la prima per sapere cosa sia l’altra. Ma le varie manifestazioni del brutto attraverso i secoli sono più ricche e imprevedibili di quanto comunemente si pensi. Ed ecco che sia i brani antologici che le straordinarie illustrazioni di questo libro ci fanno percorrere un itinerario sorprendente tra incubi, terrori e amori di quasi tremila anni, dove gli atti di ripulsa vanno di pari passo con toccanti moti di compassione, e al rifiuto della deformità si accompagnano estasi decadenti per le più seducenti violazioni di ogni canone classico. Tra demoni, folli, orribili nemici e presenze perturbanti, tra abissi rivoltanti e difformità che sfiorano il sublime, freaks e morti viventi, si scopre una vena iconografica vastissima e spesso insospettata. Così che, incontrando via via su queste pagine brutto di natura, brutto spirituale, asimmetria, disarmonia, sfiguramento, in un succedersi di meschino, debole, vile, banale, casuale, arbitrario, rozzo, ripugnante, goffo, orrendo, insulso, nauseante, criminoso, spettrale, stregonesco, satanico, repellente, schifoso, sgradevole, grottesco, abominevole, odioso, indecente, immondo, sporco, osceno, spaventoso, abbietto, mostruoso, orripilante, laido, terribile, terrificante, tremendo, rivoltante, ripulsivo, disgustoso, nauseabondo, fetido, ignobile, sgraziato, spiacevole e indecente, il primo editore straniero che ha visto quest’opera ha esclamato: “Come è bella la bruttezza!”
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Elkins, James
Dipinti e lacrime. Storie di gente che ha pianto davanti a un quadro
Bruno Mondadori, Milano
2009
Quanti di noi, di fronte a un dipinto, si sono commossi fino alle lacrime almeno una volta nella vita? Quanti, al di là di una fugace emozione, di una disarmante sorpresa o di un'illuminazione improvvisa si sono sentiti davvero imperlare gli occhi davanti a un quadro di Rothko, di Caravaggio, di Creuze? Turbamento, commozione, empatia sono esperienze che il nostro secolo sembra aver dimenticato: i musei d'arte contemporanea appaiono sempre di più come luoghi in cui guardare senza sentire, in cui stupirsi, riflettere, distrarsi, imparare qualcosa, ma non di più. Eppure, un tempo, di fronte ai quadri si soccombeva, lasciandosi turbare fino al pianto. Quanti uomini, quante donne hanno pianto, nel Medioevo, nel Rinascimento, nel Settecento? E perché il nostro tempo sembra invece così arido, così povero di lacrime? Questo non è un libro per imparare a commuoversi, e nemmeno un manuale del pianto. "Dipinti e lacrime" muove da una domanda molto semplice: che cosa accade quando un'opera d'arte significa per noi molto più della sua storia, quando ci avviciniamo al suo valore assoluto, così diffìcile da tradurre in parole? C'è chi ancora oggi reagisce in modo viscerale ai dipinti? Attraverso le innumerevoli testimonianze di colleghi, amici e sconosciuti, questo studio di James Elkins ripercorre la storia dell'arte a partire da alcuni dipinti chiave e dalle reazioni forti che hanno suscitato in spettatori di mondi ed epoche diverse.
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Faeta, Francesco
Fotografi e fotografie. Uno sguardo antropologico
Franco Angeli, pp. 240, figg. 32
2006
In otto saggi dedicati a fotografi e fotografie d'ambito etnografico del secondo Novecento, accompagnati da una nitida e rigorosa iconografia, Francesco Faeta, proseguendo nel suo lavoro di scavo intorno agli ambiti visuali della disciplina, svolge una raffinata lettura antropologica degli usi e delle funzioni culturali, sociali e scientifiche di un'arte media.
Il volume rappresenta un contributo alla conoscenza del sistema di rappresentazioni che sostengono il discorso scientifico della demologia e dell'antropologia e che sostanziano la vita sociale italiana nel secolo appena trascorso, ma rappresenta anche, per la fotografia, un approccio disciplinare radicalmente nuovo. Attraverso l'analisi antropologica, infatti, appare chiaro che la fotografia è ben più di una tecnica o un'arte (o una tecnica d'arte), e che essa può essere letta come descrizione densa degli ambiti che rappresenta, schiudendo alla comprensione dei sistemi di relazione e di senso che una determinata società affida all'immaginario e alle immagini.
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Ferrara, Cinzia
La comunicazione dei beni culturali. Il progetto dell'identità visiva di musei, siti archeologici, luoghi della cultura
Lupetti, Collana Design
2007
Il libro è una riflessione critica e teorica sulla comunicazione della cultura, e si sviluppa sia attraverso la ricostruzione storica del tessuto nel quale si innestano le prime esperienze progettuali, sia con lo studio dettagliato di progetti di immagine coordinata e di sistemi di identità visiva elaborati per la sfera culturale. Questi vengono raccolti in tre periodi che vanno dalla fine degli anni Settanta ad oggi.
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Filostrato di Lemno,
Immagini
Duepunti edizioni, 160 pagine
2008
Le Immagini raccontano sessantaquattro pitture che adornavano il portico di una villa nei pressi di Napoli. Filostrato le descrive e le interpreta per un gruppo di giovani ascoltatori fondando nella letteratura occidentale il genere dell’ékphrasis, e inventando la forma del museo letterario. La descrizione coglie la verità della pittura, frutto della sapienza dell’artista e obbligatoria palestra per il poeta e per il retore. Reinterpretate da Goethe e recuperate da innumerevoli pittori, le eikones mettono in scena l’eterno confronto tra parola e immagine.
L’opera è corredata da apparati esegetici e critici di Andrea L. Carbone, arricchita da un percorso iconografico e completata da un saggio di Michele Cometa che mette in luce la fondamentale rilevanza del testo per le moderne indagini della cultura visuale.
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Fimiani, Filippo
Forme informi. Studi di poetiche del visuale
Il Nuovo Melangolo, 158 p., brossura
2006
Il volume rilancia tutte le inquietudini teoretiche ed esistenziali, metodologiche e interpretative, che l'informe pone oggi all'estetica, alle teorie dell'arte e dell'immagine. Attento al dibattito contemporaneo e in modo fertilmente interdisciplinare, l'autore interroga le avventure dello sguardo nelle descrizioni d'opera d'arte della retorica antica (Flostrato di Lemno e Luciano di Samosata) e nella filosofia di Platone, nelle riscritture della pittura di Cézanne in Rilke e Handke, e nelle sopravvivenze di antico e primitivo, tra Winckelmann, Aby Warburg e Thomas Mann.
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Flusser, Vilém
Per una filosofia della fotografia
Bruno Mondadori, Pagg. 128
2006
C'è ancora spazio per la libertà dell'uomo in un mondo in cui l'immagine si fa sempre più simbolo vuoto, in cui la tecnologia e le macchine si impossessano sempre di più del nostro quotidiano e i nostri pensieri e i nostri desideri sembrano robotizzarsi ogni giorno che passa? Muovendo da questa fondamentale domanda, Flusser si avventura nell'analisi di una disciplina imprendibile, dai contorni sfumati, in cui il confine tra tecnica e arte, tra riproduzione ed espressione, risulta per definizione ambiguo. Ridotta al mero statuto di duplicazione della realtà, svuotata del suo senso primario di "ricostruzione del mondo", la fotografia è per Flusser l'emblema della pericolosa deriva che oggi rischia di travolgere gli esseri umani: quello di essere schiavi di una tecnica priva di fondamento. Ecco il perché di una filosofia della fotografia: solo attraverso un suo ripensamento l'uomo potrà scongiurare la minaccia di asservimento alle macchine e ridare spazio a quella libertà e a quel senso che nell'era postindustriale sembra avere smarrito.
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Flusser, Vilém
La cultura dei media
Bruno Mondadori, Pagg. 304
2004
Flusser, uno dei più originali pensatori del Novecento, riflette sull'impatto dei media nella nostra vita. Tra i termini estremi definiti dal rischio totalitario cui è esposta l'attuale società della comunicazione monodirezionale, basata sul controllo centralizzato delle forme di discorso, e dalle possibilità utopiche dell'apertura allo scambio e al mutuo arricchimento delle informazioni, dischiuse dalla reciprocità e pluralità del dialogo a rete, Flusser dispiega la sua analisi fenomenologica del mondo codificato, del nostro tentativo di proiettare senso in esso e di ricreare vicinanza nella distanza della società telematica. Appaiono così in luce diversa le case, le città, il lavoro, gli oggetti di uso quotidiano, la televisione, il cinema, la politica, i paradigmi di interpretazione, la realtà stessa. La messa in questione della linearità della scrittura prodotta dalle nuove tecnologie dell'immagine e degli apparati informatici, rende problematiche le forme di coscienza storica che da essa derivano e rappresenta una sfida per elaborare una nuova immaginazione e nuove disposizioni alla relazione, a riconoscere nell'altro che ci è prossimo, nel migrante, nel nomade destinato all'infondatezza e alla perdita di radici, ciò che ci è più proprio.
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Font-Réaulx, Dominique
Il dagherrotipo. Fotografia al Musée d'Orsay
5 Continents Editions, pp. 96, ill., brossura
2008
Il dagherrotipo, fotografia unica eseguita su una lastra metallica, positivo e negativo insieme, è dotato di una vivida e speculare nitidezza e di un'estetica tutta particolare. Per la precisione delle linee e la resa esatta dei dettagli affascinò prima l'Accademia delle scienze parigina, e subito dopo un pubblico sempre più vasto. La collezione del Musée d'Orsay, una delle più cospicue al mondo, grazie alla vasta gamma dei soggetti rappresentati permette di ricostruire le condizioni in cui l'invenzione di Daguerre è nata e si è diffusa in modo così rapido, anche se effimero. Nel presente volume sono riprodotte, alcune per la prima volta, le più recenti acquisizioni che hanno arricchito la raccolta.
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Foster, Hal
Il ritorno del reale. L'avanguardia alla fine del Novecento
Postmedia, 256 pp., 99 illustrazioni
2006
"Il ritorno del reale" è un libro essenziale per chi si occupa seriamente di arte contemporanea, non solo perché spiega come siamo arrivati alla scena attuale, a quell’allargamento della sfera dell’arte che è tipico di tanta arte odierna, analizzando teorie e opere che hanno reso la seconda metà del secolo così ricco di proposte, ma anche perché Hal Foster non rinuncia ad un ruolo attivo della critica d'arte e rilegge l’arte dal dopoguerra ad oggi svelando i retroscena e le strategie di una società globale che ha favorito “una cultura visiva sempre più amministrata da un mondo dell'arte dominato da figure promozionali con scarso spirito critico, e da un mondo mediale di aziende di comunicazione e intrattenimento che non ha alcun interesse per qualsivoglia analisi critica”. La precisione delle sue analisi storiche e l'urgenza della sua attenzione verso il sociale hanno contraddistinto "Il ritorno del reale" come uno dei capolavori della letteratura critica degli anni Novanta.
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Foucault, Michel
La pittura di Manet
Abscondita, 95 pp.
2005
"Vorrei scusarmi di parlarvi di Manet, poiché in realtà io non sono uno specialista di Manet, e non sono neppure uno specialista di pittura, per cui è da profano che vi parlerò. E non ho affatto intenzione di parlarvi in generale di Manet: mi limiterò a presentarvi alcune sue tele che cercherò, se non di analizzare, almeno di spiegare in alcuni dei loro aspetti, tralasciando però quelli senza dubbio più importanti e meglio conosciuti." Il libro presenta il saggio di Foucault "La pittura di Manet", seguito dallo scritto "Manet e lo smarrimento dello spettatore" di Carol Talon-Hugon. Introduzione di Maryvonne Saison.
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Freedberg, David
Il potere delle immagini
Einaudi, Torino
1993
Emozionare, spaventare, eccitare: queste e molte altre le funzioni che le immagini hanno assolto nel corso della storia. Immagini che, proprio per queste particolarità, hanno a loro volta stimolato un peculiare tipo di reazioni da parte di chi le guarda.
Assumere questo punto di vista comporta, per lo storico dell'arte, alcune conseguenze. Da una parte si tratta infatti di ribaltare l'atteggiamento consueto per cui un'immagine viene letta, discussa e valutata prevalentemente o soltanto in ragione delle sue valenze estetiche. In questa prospettiva, le nozioni di bello e di brutto perdono significato e cedono il posto ad altri valori, collegati al tipo di reazione emotiva provocata allo spettatore. D'altra parte decade la tradizionale gerarchia tra opere d'arte «colte» e immagini «popolari».
È questo il fine, volutamente provocatorio, del libro di Freedberg: un viaggio attraverso la cultura visiva non solo occidentale senza escludere nessun materiale, dagli ex voto piú elementari che ci giungono dall'antichità ai manifesti pubblicitari dei nostri giorni, dalle maschere africane alle fotografie. Quello che conta sono i significati che, nel corso dei secoli, l'immaginazione popolare ha attribuito a certe rappresentazioni, che diventavano cosí capaci, a seconda dei casi, di fare miracoli, eseguire incantesimi o stregonerie, eccitare sessualmente o indurre alla meditazione mistica. Ne deriva non solo un'originale rilettura della tradizione visiva, ma anche un'interpretazione dell'arte destinata a far discutere.
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Friedberg, Anne
The Virtual Window. From Alberti to Microsoft
The MIT Press,
2006
Honorable Mention, 2008 Katherine Singer Kovacs Book Award presented by the Society for Cinema and Media Studies. and 2007 Winner of the Phi Kappa Phi Faculty Recognition Award at University of Southern California. As we spend more and more of our time staring at the screens of movies, televisions, computers, and handheld devices—"windows" full of moving images, texts, and icons—how the world is framed has become as important as what is in the frame. In The Virtual Window, Anne Friedberg examines the window as metaphor, as architectural component, and as an opening to the dematerialized reality we see on the screen.
In De pictura (1435), Leon Battista Alberti famously instructed painters to consider the frame of the painting as an open window. Taking Alberti's metaphor as her starting point, Friedberg tracks shifts in the perspectival paradigm as she gives us histories of the architectural window, developments in glass and transparency, and the emerging apparatuses of photography, cinema, television, and digital imaging. Single-point perspective—Alberti's metaphorical window—has long been challenged by modern painting, modern architecture, and moving-image technologies. And yet, notes Friedberg, for most of the twentieth century the dominant form of the moving image was a single image in a single frame. The fractured modernism exemplified by cubist painting, for example, remained largely confined to experimental, avant-garde work. On the computer screen, however, where multiple "windows" coexist and overlap, perspective may have met its end.
In this wide-ranging book, Friedberg considers such topics as the framed view of the camera obscura, Le Corbusier's mandates for the architectural window, Eisenstein's opinions on the shape of the movie screen, and the multiple images and nested windows commonly displayed on screens today. The Virtual Window proposes a new logic of visuality, framed and virtual: an architecture not only of space but of time.
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Gerosa, Mario
Second Life
Meltemi, 256 pp.
2007
Second Life è un mondo virtuale, una terra di nessuno e di tutti cui chiunque può accedere, per soli dieci dollari, creandosi una vita parallela a quella reale. Con un avatar e un po' di Linden $ (la moneta di SL, che si acquista, si vende e ha la sua quotazione anche nel mondo reale), si possono aprire un locale notturno, un'agenzia di modelle, un concessionario d'auto o una linea di abiti virtuali. In SL si possono ottenere prestigio, fama, ricchezza che si riflettono anche nella vita reale, come è accaduto alla stilista Aimee Weber, il cui avatar in treccine e autoreggenti è stato protagonista della mostra 13 Most Beautiful Avatars alla Columbia University; all'agente immobiliare Anshe Chung, che nel novembre 2006 ha festeggiato il primo milione di dollari veri guadagnato con transazioni virtuali; all'ingegnere Bruno Echegaray, che ha creato "Parioli", un omaggio all'italian style ma anche un luogo di sperimentazioni per attività e servizi in SL. Più di 3 milioni di residenti provenienti da ottanta paesi e circa 800 mila utenti che abitano regolarmente le diverse isole di Second Life, da quelle dedicate al gioco a quelle a luci rosse, dalle simulazioni di epoche passate agli scenari avveniristici di possibili metropoli del futuro. Mode, luoghi, affari, arte, turismo, divertimento: a chi voglia entrare nel mondo di Second Life, per curiosità o in cerca di una seconda chance, questo libro fornisce tutte le indicazioni necessarie, anche attraverso le parole dei suoi protagonisti.
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Gilardi, Ando
Meglio ladro che fotografo
Bruno Mondadori, 160 pp.
2007
In questo agile libretto, un grande protagonista del panorama della fotografia italiana concentra la sua straordinaria esperienza maturata in più di mezzo secolo vissuto tra le immagini. La sua attività di fotografo nel campo del sociale, lo sviluppo di un'impostazione anarchica della teoria fotografica, l'indagine dei cambiamenti della società attraverso un'osservazione partecipata: sono soltanto alcuni degli ingredienti che compongono la vita avventurosa di Ando Gilardi e che, qui, si trasformano in riflessioni indispensabili per tutti i giovani che aspirano a diventare fotografi.
La fotografia è un'arte difficile, spesso praticata in modo amatoriale come distrazione dai pensieri quotidiani. E proprio a chi fotografa per diletto può risultare preziosa l'esperienza di Gilardi che, pur nella consapevolezza di trovarsi di fronte a un mezzo in continua evoluzione, conosce a fondo i meccanismi e i segreti di uno dei modi più meravigliosi che abbiamo per soddisfare il nostro “bisogno visivo”.
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Gilardi, Ando
Storia sociale della fotografia
Bruno Mondadori, 480 pp.
2000
Una grande storia della fotografia: dalla xilografia alla fotoxilografia, dalla calcografia alla fotocalcografia, dalla litografia alla fotolitografia, fino alla matrice fotografica. Un'affascinante storia alternativa della cultura e della società degli ultimi centocinquant'anni.
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Guntert, Andre-Poivert
Storia della fotografia
Mondadori Electa, 619 pp.
2008
Un aggiornato compendio di storia della fotografia, dalle prime sperimentazioni di Nièpce e Daguerre ai primi dell'Ottocento fino alle creazioni contemporanee di Martin Parr, Christian Boltanski e Andreas Gursky. Scorrono decine di immagini dei più grandi fotografi: dai maestri francesi del XIX secolo a Nadar, da Marey a Muybridge, da Alfred Stieglitz a Leni Riefensthal fino a Man Ray, Cartier-Bresson, Ellìot Erwitt, Bruce Nauman, Mapplethorpe, Cindy Sherman. I saggi offrono un taglio trasversale e innovativo, prestando attenzione anche alle dinamiche meno conosciute dell'arte della fotografia e alternandosi ad album iconografici su singoli temi.
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Higonnet, Anne
Lewis Carroll
Phaidon, 130 p., ill., rilegato.
2008
A fascinating portrait of Victorian England from the eye of one of the world’s
best-loved children’s authors which will appeal to photography and history enthusiasts, as well as the many fans of his writing.
Anne Higonnet is Professor of Art History at Barnard College, Columbia University, and author of Pictures of Innocence: The History and Crisis of Ideal Childhood (Thames & Hudson), a ground-breaking study of the visual representation of children from the Enlightenment to today. Her two books on Impressionist Berthe Morisot, the biography Berthe Morisot (Harper Collins) and Berthe Morisot's Images of Women (Harvard UP), are considered seminal texts on the artist. Higonnet's essays on art and culture have appeared in the Yale Journal of Criticism, Art History and numerous other venues.
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Hoffmann, E.T.A. , Cometa, Michele (a cura)
La finestra d'angolo del cugino
Marsilio, pp. 136, 1° ed.
2008
È merito di Walter Benjamin aver riconsegnato al dibattito critico novecentesco La finestra d’angolo del cugino (1822), uno degli ultimi racconti di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, enfatizzando lo sguardo metropolitano che fa capolino dalla narrazione e insistendo sulla qualità eminentemente visiva del testo. I due cugini che si affacciano da una finestra d’angolo sulla piazza del mercato di Berlino, entrambi controfigure dell'autore, mettono in scena una magnifica narrazione sulla visione e sulla molteplicità dei significati che può avere una stessa immagine: la realtà cosidetta oggettiva che vedono dalla loro finestra, le immagini che questa realtà evoca, i ricordi che emergono alla loro mente, le pure fantasie che la vista della piazza produce...
Nella Finestra d’angolo del cugino nasce così, partendo da due elemnti molto semplici quali la finestra e il cannocchiale, quella negoziazione simbolica tra interno ed esterno che costituisce il grande tema della letteratura berlinese alle soglie dell'industrializzazione e dell'inurbamento ottocenteschi.
Un racconto fulminante, uno dei capolavori della letteratura tedesca, testimonianza precoce del voyeurismo che caratterizza la moderna società dello spettacolo.
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Iacoli, Giulio
La percezione narrativa dello spazio Teorie e rappresentazioni contemporanee
Carocci Editore, 256 pp.
2008
Il libro muove dalla necessità di leggere e riconfigurare un’intensa trasformazione avvenuta nella teoria come nell’interpretazione dei fatti artistici: la "conversione" allo spazio, accompagnata da un ripensamento nei modi della geografia contemporanea. Il prisma spaziale viene esaminato nei suoi molteplici riflessi, sia propriamente geografici sia figurati, in forme mobili, capaci di esercitare
un influsso produttivo sull’immaginario del presente: dal ruolo strategico delle mappe nelle formulazioni della teoria critica, al valore degli interni in Calvino e Perec; dall’eloquente spazio del silenzio in Bergman e nel pensiero radicale degli anni Sessanta, al cronotopo postmoderno dell’attentato presidenziale, letto nelle varie interpretazioni artistiche, dalle spericolate operazioni parodiche dei Settanta fino a DeLillo e Oliver Stone.
Il viaggio critico si conclude su due figurazioni spaziali consolidate e urgenti: un profilo del migrante, traversatore di spazi e confini occidentali, e un ritratto in movimento della città contemporanea e del suo significato per la letteratura.
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Ings, Simon
Storia naturale dell'occhio
Einaudi, collana Saggi, pp. XXX - 320
2008
«La storia dell'occhio è piena di meraviglie materiali: occhi a specchio, occhi a fibre ottiche e occhi pieni di lenti straordinarie; conchiglie che vedono e ragni che si orientano con il sole. Gli uccelli possono mettere a fuoco due soggetti alla volta, i vermi serpulidi vedono usando i loro tentacoli. La cicala di mare usa la luce polarizzata per scambiare messaggi che nessun altro animale è in grado di percepire. Il pesce Bathylychnops exilis ha quattro occhi, un paio serve per guardare in su, un paio per guardare in giú; ma che cosa guardano? Non lo sa nessuno.
La storia dell'occhio è epica: questo libro non è altro che un breve riassunto delle sue meraviglie. Immaginate un mondo senza vista.
Il colore non esiste. Non c'è nessun piumaggio, nessun mimetismo, nessuna esibizione per corteggiare, nessuna fosforescenza nelle profonde fosse oceaniche. Nessun fiore.
Che mondo smorto e che mondo semplice».
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Jung, Carl Gustav
L'albero filosofico
Bollati Boringhieri, collana Universale
2007
L’albero o pianta miracolosa è una delle immagini archetipiche che ricorrono più di frequente nel folclore, nei miti e nelle fiabe, e in questo saggio Jung si propone di scandagliarne le molteplici valenze simboliche. Partendo dalla propria esperienza di terapeuta e dallo studio dell’alchimia medievale, il fondatore della psicologia analitica dimostra come dai prodotti spontanei dell’inconscio nell’uomo moderno affiori un archetipo che lascia riconoscere paralleli evidenti con la figura dell’albero in tutte le sue modificazioni storiche. Ai disegni spontanei dei pazienti, presentati nella prima parte del volume, fanno da contrappunto le dotte descrizioni dell’arbor philosophica degli alchimisti. Identica è la fisionomia simbolica che ne emerge: fonte di vita e di protezione, luogo della trasformazione e del rinnovamento, l’«albero» è di natura femminile e materna, è l’albero della saggezza e della conoscenza, simbolo della totalità del Sé.
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Kemp, Martin
La scienza dell'arte
Giunti, 423 pp., cartonato
2005
Quali sono e come si svilupparono in Europa, dal Rinascimento alla fine del XIX secolo, le relazioni fra arti figurative e scienze ottiche? Quali in sintesi i rapporti fra pittura e scienza, fra artisti e teorici? Martin Kemp fornisce tutte le risposte possibili a tali quesiti, partendo dalla convinzione che un’opera d’arte “è fondamentalmente pensata, e non esclusivamente formata dall’intenzione consapevole del suo creatore, e che le prove scritte di queste intenzioni abbiano un grande valore tra le strategie interpretative a nostra disposizione”. Martin Kemp è fra i più celebri e accreditati studiosi di storia della prospettiva e di rapporti fra arte e scienza. Già docente di Storia dell’Arte all’Università di St. Andrews in Scozia, e Wolfson Research Professor alla British Academy, insegna Storia dell’Arte alla Oxford University.
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Kemp, Martin
Immagine e verità
Il Saggiatore Tascabili, pp. 269, ill.
1999
L'analogia fra arte e scienza è un tema sempre più diffuso nella cultura contemporanea: tale formula permette sia di attribuire alla scienza una sua forma di "creatività". sia di caratterizzare l'arte in termini di "rigore". Ciò si accompagna solo di rado, tuttavia, a una consapevolezza circa la funzione conoscitiva delle immagini. Tra i filosofi e gli storici della scienza predomina ancora la convinzione che una vera crescita del sapere Si realizzi unicamente nei registri del simbolo matematico e linguistico, e che la rappresentazione visuale possa. nel migliore dei casi, prima orientare psicologicarnente il ricercatore o, dopo, fornirgli un mezzo didattico-espressivo. Questo libro mostra come alcuni importanti episodi nella storia dalla scienza siano stati invece decisi dall'informazione trasmessa dalle immagini, affronta questioni metodologiche essenziali per la comprensione dell'opera d'arte ed elabora gli strumenti necessari a una "nuova storia del visuale".
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Koudelka, Josef
Zingari
Contrasto due, 24 x 32 cm, 122 pagine, 109 fotografie in b/n
2011
Questo volume è la versione aggiornata e ampliata del menabò definitivo originale di Cikdni zingari in ceco che Josef Koudelka realizzò insieme al grafico Milan Kopriva nel 1908 e che doveva essere pubblicalo a Praga nel 1970. Koudelka lasciò la Cecoslovacchia nel 1970 e il libro non andò mai in stampa. A Parigi Koudelka cominciò a lavorare con l'editore francese Robert Delpire a un altro libro di fotografie degli zingari, che conteneva sessanta immagini scattate perlopiù nei campi rom della Slovacchia orientale fra il 1902 e il 1908. Il volume uscì nel 1975 in Francia con il titolo Gitans, la fin dn voyage. Il libro resta ancora oggi un'opera di riferimento del ventesimo secolo. Questa nuova edizione ampliata contiene 109 fotografie scattate nella ex-Cecoslovacchia (Boemia, Moravia e Slovacchia), in Romania, Ungheria, Francia e Spagna fra il 1962 e il 1971.Il titolo è .Zingari. come venivano comunemente chiamali quando furono scattate le fotografie, prima dell'entrata in uso del termine "rom". Il sociologo Will Guy, autore del testo che accompagnava la prima edizione di "Zingari", ha contribuito con un saggio aggiornato che ripercorre le migrazioni dei rom dalla loro patria d'origine nel nord dell'India fino al loro stato odierno, costantemente al centro di polemiche a livello internazionale.
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Krauss, Rosalind
L'arte nell'era postmediale. Marcel Broodthaers, ad esempio
Postmedia, pp. 64, 40 illustrazioni
2005
L'autorevole scrittura di Rosalind Krauss analizza l'arte concettuale degli anni Sessanta e Settanta utilizzando come "esempio" il lavoro di Marcel Broodthaers. Secondo Krauss, se l'arte cambia è perchè vi sono artisti che pongono le premesse perchè ciò accada. L'arte moderna, ad esempio, ha messo al centro delle proprie priorità l'investigazione delle specificità dei mezzi utilizzati dagli artisti. Il noto critico americano Clement Greenberg sosteneva che la specificità di un mezzo consiste nelle sue proprietà materiali e dunque – per quanto riguarda la pittura – nella piattezza delle superfici. Rosalind Krauss, che con Hal Foster e Benjamin Buchloh ha fondato la rivista "October", ribalta la prospettiva greenbergiana analizzando il lavoro di Marcel Broodthaers e offrendo così una chiave di lettura critica illuminante degli sviluppi artistici negli ultimi decenni. L'artista belga, infatti, ha rifiutato questa condizione riduttiva del mezzo estetico, a favore di una condizione postmediale dell'arte che considera il mezzo come dispositivo complesso incorporandone convenzioni estetiche e strumenti tecnologici distinti dalle proprietà materiali del mezzo stesso. Rosalind Krauss ci conduce attraverso i passaggi centrali del percorso di un artista il cui lavoro oggi si rivela di stringente attualità. Negli anni in cui l'arte si ritrova a fare i conti con la globalizzazione dell'immagine al servizio del capitale, Broodthaers ci insegna come la specificità mediale non serva più a caratterizzare l'opera, ma la sua reinvenzione e riarticolazione permette agli artisti di avere strumenti in grado di produrre delle differenze.
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Lenain, Thierry (a cura di)
L’image. Deleuze, Foucault, Lyotard
Vrin
1997
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Levi Strauss, David
Politica della fotografia
Postmedia, trad. it. di Romano G., 160 p., ill.
2007
David Levi Strauss era sul punto di cominciare un seminario alla New York University l'11 settembre 2001 quando alcuni suoi studenti sono stati testimoni del crollo delle Twin Towers. L'autore scrive: "I saggi compresi in questo libro sono stati scritti in un periodo in cui il ruolo sociale della fotografia, usata come arte o come propaganda, è cambiato drammaticamente. Il mio modo per cercare di capire questi cambiamenti è stato scriverne". L'autore affronta temi socialmente rilevanti sull'utilizzo della fotografia da parte dei media quali "La fotografia come propaganda" o il capitolo dedicato alla frenesia dei media dopo l'11 settembre "Il più alto livello di illusione". "Fotografia e propaganda" analizza il lavoro di due fotoreporter che hanno perso la vita in America Centrale negli anni ottanta - Richard Cross e John Hoagland, reporter che hanno ispirato film come Sotto tiro di Roger Spottiswoode e Salvador di Oliver Stone - e il modo in cui i media hanno utilizzato le loro immagini. Anche la storia di Sebastião Salgado non racconta soltanto il lavoro di un maestro, ma le difficoltà e le incomprensioni a cui il fotografo è andato incontro nel corso della sua carriera. Anche il ruolo sociale della fotografia è affrontato da Levi Strauss, ma (come John Berger) esprime e auspica chiaramente un maggiore senso di responsabilità comune all'artista come al reporter nell'epoca in cui il singolo individuo sembra privato del diritto all'informazione.
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Lo Sardo, Eugenio
Il cosmo degli antichi
Donzelli, pp. 195
2007
Cos'erano le stelle per gli antichi? Grandi sassi infuocati o divinità splendenti nel firmamento? Che forma aveva la terra? Se era piatta, cosa c'era al di sotto? Il sole, poi, perché variava sempre il suo cammino segnando il tempo nel grande orologio dello Zodiaco? La luna, infine, l'astro più splendente del cielo, brillava di luce propria o rifletteva quella del sole? E i pianeti perché percorrevano delle orbite così imprevedibili, tornando addirittura indietro sui loro passi? Agli albori della storia sembrava quasi che non ci fosse altra spiegazione se non quella divina. I greci riportarono a un unico principio la natura dell'universo e applicarono ai moti degli astri raffinati modelli geometrici. Con essi nacque la sfera che si vede sulle spalle di Atlante. Rimase forte però il peso della tradizione, riemerso negli scritti di Platone, di Aristotele e nella fede astrologica di Claudio Tolomeo. Questi tre, insieme alla Bibbia, costituirono i punti di riferimento della cosmologia medievale immortalata da Dante e rappresentata nelle chiese nei cicli pittorici e musivi e dai primi grandi maestri del Rinascimento italiano. Attraverso immagini e visioni, l'autore ricostruisce le molte strade tentate per spiegare alcuni enigmi del cosmo che solo con Galileo e la rivoluzione scientifica cominciarono a trovare un'adeguata risposta. Una sintesi completa che ripercorre le mille credenze sull'universo e la sua natura e le spiegazioni che gli uomini si sono dati a cavallo dei secoli e delle civiltà.
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Luperini, Linda
L'ottica di Leonardo tra Alhazen e Keplero
Skira, pp. 160
2008
Il percorso museale che questo catalogo ripercorre approfondisce un aspetto scientifico meno noto ma non per questo meno evocativo: l'ottica, che ai tempi di Leonardo non era la scienza che oggi conosciamo, la teoria della visione e il metodo sperimentale. La visione che per Leonardo non è solo arte - si pensi alla teoria dei colori o alla disorientante prospettiva dell'Annunciazione ma è soprattutto scienza. Scienza fatta di osservazione, di esperimento e di ingegno. Nella sala quindi il visitatore è accompagnato in un viaggio che lo porta a ripensare non solo ai problemi specifici che Leonardo ha affrontato, ma anche all'importanza e all'impatto della scienza sulla nostra vita. Il percorso museale, inquadrando le ricerche di Leonardo nel contesto storico in cui ha operato, intende mostrare come nella multiforme attività leonardiana si trovi espressa gran parte delle idee fondamentali che hanno portato al progresso dell'ottica.
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Madesani, Angela
Storia della fotografia
Bruno Mondadori, pagg. 416
2008
Una panoramica completa della storia della fotografia lunga quasi centosettant'anni, in cui vengono messe a fuoco alcune delle problematiche più importanti. Ogni capitolo del libro ha un testo introduttivo seguito da schede che approfondiscono movimenti e singoli autori: il tutto pensato per un'agile consultazione anche da parte di studenti universitari.
Sono considerati, inoltre, movimenti e personalità degli ultimi trent'anni che non hanno ancora trovato spazio nelle storie della fotografia pubblicate sino a oggi in Italia. Completano il volume alcune interviste a professionisti della fotografia: una restauratrice, un'archivista, uno stampatore e alcuni artisti, nonché esperti dell'ambito fotografico.
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Maragliano, Roberto
Parlare le immagini. Punti di vista
Apogeo, 180 p., brossura
2008
La nostra vita, i nostri percorsi formativi, sono accompagnati dalla presenza pervasiva/invasiva delle immagini. In campo pedagogico si assiste al tentativo di imbrigliare le immagini e di catturarne e delimitarne il significato. Le immagini, invece, sono realtà, anzi elemento fondamentale attraverso il quale costruire e usare la realtà. Le immagini parlano? Di che parlano, e a chi parlano? Come parliamo, noi, di immagini? Come le facciamo parlare? Cosa possiamo fare per aiutare i nostri figli, nipoti, allievi, a far parlare le immagini? Cosa per metterli nelle condizioni di parlarle? Questi i quesiti che si pone l'autore che, tramite riflessioni personali (Ragionamenti, nel testo) e con la presentazione di brani estratti da saggi, riviste, giornali (Attraversamenti), intende definire un approccio interpretativo per cogliere ciò che sta al fondo di questa pervasivita/invasività delle immagini, dandone una ragione che non sia solo di natura esteriore, ma coinvolga anche gli aspetti interiori dell'agire umano.
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Marcenaro, Giuseppe
Fotografia come letteratura
Bruno Mondadori, 183 p., ill., brossura
2004
Attraverso una serie di incursioni di grandi scrittori nel mondo della fotografia, l'autore individua una sotterranea lotta tra le due creatività: quella dell'artista che "impressiona" la pagina e quella, ben più misteriosa e complessa, della macchina fotografica che, duplicando il mondo, pretende di imporsi come una autentica forma alternativa alla scrittura. Il rapporto tra i letterati e la fotografia non è mai stato facile. E questo fin dal 1839, da quando, grazie all'invenzione di Daguerre, fu aggiunto un altro mistero al mondo. Con la sua libertà dall'umano, la fotografia reinventa la realtà, proprio come uno scrittore "evoca" uno scenario che si "vede" quale forma dell'immaginario del suo autore.
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Marra, Claudio
L'immagine infedele
Bruno Mondadori, 195 p., brossura
2006
Diversamente da quanto il titolo potrebbe far intendere, questo non è un libro contro il digitale, anzi: le nuove forme tecnologiche odierne sembrano poter amplificare alcune delle potenzialità della fotografia tradizionale, basti pensare al formidabile utilizzo delle fotocamere dei cellulari nella produzione e archiviazione di "oggetti" di memoria. L'avvento del digitale, l'affermazione di una tecnologia che fa della manipolazione la sua arma migliore, sembrano aver dissipato le critiche mosse a teorici, artisti e operatori di epoca analogica, secondo le quali la fotografia di prima generazione veniva considerata un mezzo di duplicazione della realtà, incapace di "mentire" e, quindi, di produrre forme culturali. Ma con il passaggio dall'analogico al digitale, definito da molti epocale e dirompente, la fotografia ha veramente cambiato modalità e filosofia di rappresentazione? Andando oltre la querelle tra gli "apocalittici" e gli "integrati", tra coloro che rimpiangono i prodotti a traccia chimica e quelli che ne annunciano l'inesorabile tramonto celebrando i fasti del nuovo sistema, l'autore propone un confronto originale delle due tecnologie per tornare a riflettere su questioni fondamentali, etiche ed estetiche, dell'identità fotografica, sul ruolo e la responsabilità dell'autore, sull'arte e la comunicazione più in generale.
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Mattioli, Francesco
La sociologia visuale. Che cos'è, come si fa
Bonanno, 200 p.
2007
Ma la sociologia visuale è una disciplina? È l'unica domanda a cui l'autore non vuole dare una risposta definitiva, preferendo sottolineare che essa consente di cogliere il carattere olistico della realtà sociale.
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Mediati, Domenico
L'occhio sul mondo. Per una semiotica del punto di vista
Rubbettino, 253 p., ill., brossura
2008
Le modalità di percezione e il tipo di rappresentazione che ne deriva sono uno specchio dei tempi e delle evoluzioni storiche. Le differenti concezioni dello spazio e la pluralità di relazioni tra uomo e contesto, influiscono sulle modalità di percezione del reale. E la posizione dell'osservatore, la direzione del suo sguardo, la sua collocazione al finito o all'infinito che, prima d'ogni altro aspetto, determinano la forma e il contenuto delle rappresentazioni della realtà storica di ogni tempo. Si apre, cosi, il campo a una "semiotica dello sguardo" volta all'interpretazione della realtà storica attraverso l'occhio dell'osservatore. Il volume si propone di evidenziare, in un percorso d'analisi ermeneutica, le evoluzioni delle modalità di percezione, rappresentazione e conformazione dello spazio nelle varie epoche storiche, ricercando i legami esistenti tra concezioni culturali, relazioni tra uomo e spazio e modalità di percezione e rappresentazione del "reale" con particolare attenzione alle conseguenze sull'architettura contemporanea.
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Mirzoeff, Nicholas
Introduzione alla cultura visuale
Meltemi, 416 p.
2002
Attraverso la storia e la teoria della cultura visuale, dagli studi sulla prospettiva di epoca rinascimentale a Internet, passando attraverso la fotografia, il cinema e la televisione, questo saggio innovativo si domanda come e perché i mezzi di comunicazione basati sulla dimensione visuale abbiano assunto un ruolo così centrale nella nostra vita quotidiana.
L’ipotesi sostenuta con vigore e profondità argomentativa nel corso di tutto il libro è che oggi la forma primaria di approccio e comprensione del mondo è visuale, e non più testuale, come è stato per secoli. La prima parte del libro (Visualità) ricostruisce il dibattito storico; la seconda (Cultura) indaga la costruzione dell’altro razziale e sessuale attraverso l’analisi di immagini “esotiche” e dei film di fantascienza (come Alien o Bladerunner); la terza (Globale/locale) è dedicata all’analisi del culto di Diana Spencer (Lady D.) attraverso la sua celebrazione visuale.
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Montandon, Alain
Il bacio
Baldini Castoldi Dalai, 120 pagine
2007
Un bacio fa muovere 17 muscoli della lingua. Ma anche 9 milligrammi di acqua, 0,18 di sostanze organiche, 0,7 di materie grasse, 0,45 di sale, centinaia di batteri e milioni di germi. Ma cosa si cela dietro un gesto al contempo tanto quotidiano e tuttavia capace di una tale intensità? Alain Montandon invita il lettore a scoprire modi, curiosità e significati che spaziano dalla letteratura all'antropologia, dalla psicologia alla filosofia, sino alla religione e alla storia dell'arte. Ad esempio si bacia il sacro - una statua, una tomba, un'icona - si bacia per salutare, per rendere omaggio, per tradire, per perdonare e naturalmente per amore.
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Ophälders, Markus (a cura di)
Fenomenologie e arte. Immagini e figure riflesse nella filosofia
Mimesis
2005
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Pallotto, Manuela
Vedere il tempo. La storia warburghiana oltre il racconto
Neu, 280 p., rilegato
2007
Con il suo atlante figurativo della memoria, Aby Warburg avvia un esperimento unico nel suo genere: il progetto di una storia per immagini. Ricostruendo l'estetica del fondatore dell'iconologia a partire dagli scritti giovanili, l'autrice analizza le implicazioni teoriche del Bilderatlas e ne sottolinea la straordinaria attualità. La storiografia proposta da Warburg, infatti, costituisce una valida alternativa al tradizionale paradigma narrativo, in quanto mette in rilievo le strutture morfologiche grazie alle quali l'antichità si rappresenta e si tramanda. Così, nell'epoca dell'immagine digitale e dell'archiviazione indiscriminata, il progetto warburghiano si candida a essere un luogo di sviluppo delle competenze iconiche e di elaborazione delle politiche della memoria.
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Palotto, Manuela
Vedere il tempo. La storia warburghiana oltre il racconto
NEU, , pp. 280
2007
Con il suo atlante figurativo della memoria, Aby Warburg avvia un esperimento unico nel suo genere: il progetto di una storia per immagini. Ricostruendo l'estetica del fondatore dell'iconologia a partire dagli scritti giovanili, l'autrice analizza le implicazioni teoriche del Bilderatlas e ne sottolinea la straordinaria attualità. La storiografia proposta da Warburg, infatti, costituisce una valida alternativa al tradizionale paradigma narrativo, in quanto mette in rilievo le strutture morfologiche grazie alle quali l'antichità si rappresenta e si tramanda. Così, nell'epoca dell'immagine digitale e dell'archiviazione indiscriminata, il progetto warburghiano si candida a essere un luogo di sviluppo delle competenze iconiche e di elaborazione delle politiche della memoria.
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Pesic, Giuseppe
L'azzurro in una bottiglia. Scienza, arte e storia del colore del cielo
Bollati Boringhieri, 236 p., ill., brossura
2007
Perché il cielo è blu? Non solo i bambini fanno questa domanda, ma per secoli la risposta è stata cercata da filosofi e scienziati, tra cui Platone, Leonardo e Newton. Nel 1862 sir John Herschel definì la questione del colore del cielo come "il più grande enigma della meteorologia". Peter Pesic conduce qui il lettore nel cuore di questo mistero, illustrando i vari tentativi che nel corso della storia artisti e scienziati hanno fatto per risolverlo. Partendo dai pensatori del mondo antico, Pesic prosegue con i filosofi dell'Illuminismo, fino agli empiristi della rivoluzione scientifica e oltre. Aristotele, Leonardo, Keplero, Eulero, Saussure, Goethe, Rayleigh, Einstein si susseguono in queste pagine che spaziano dalla chimica all'ottica e alla fisica atomica. Il libro descrive vari fenomeni fisici, come la polarizzazione della luce o la connessione tra l'aspetto del cielo e il numero di Avogadro, e discute le differenti rappresentazioni artistiche del colore del cielo, illustrando i cambiamenti nello stile di pittura e i diversi pigmenti usati per ottenere i colori.
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Pezzini, Isabella , a cura di
Trailer, spot, clip, siti, banner
pp. 240
2006
Nate per vendere un prodotto, oggetto di consumo o testo, le forme audiovisive brevi, caratteristiche della comunicazione contemporanea, sono “icone dense”, sature di energia, di ritmo e di forza espressiva. Destinate in apparenza a una funzione di supporto e orientamento nei confronti del valore che presentano, in realtà sviluppano dimensioni, dinamiche testuali e di genere del tutto autonome. Raccordo di desideri, curiosità, attese, competenze, questi formati spesso raccolgono la sfida a trasformare i propri limiti in occasione di ricerca e di espressione creativa, costruendo una rete fitta di rinvii fra testi, personaggi-simboli, consumatori e fan. Questo libro analizza le loro forme specifiche – gli spot pubblicitari, i promo e le strategie della comunicazione televisiva, i trailer cinematografici, i videoclip, la pubblicità politica, i banner, i siti e i portali – offrendo un percorso di lettura semiotica orientato alla didattica e focalizzando l’analisi su alcuni testi esemplari, con riferimenti alle dinamiche produttive e alle evoluzioni del gusto.
Con saggi di Daniele Barbieri, Nicola Dusi, Paolo Guarino, Alessandro Melchiorri, Paolo Peverini, Isabella Pezzini, Piero Polidoro.
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Pezzini, Isabella
Immagini quotidiane. Sociosemiotica visuale
Laterza, VII-230
2008
Le infinite immagini che incontriamo e consumiamo ogni giorno non sono mai insignificanti. Anche se in apparenza banali, anche se brutte o volgari, sono sempre una mossa precisa nel gioco complesso della comunicazione: risultano dall'atto sintetico di uno sguardo, di un ritaglio che ci invita o ci impone un momento di confronto, di sorpresa, un pretesto di interrogazione. Nel quadro di una riflessione d'insieme sulla visualità contemporanea, queste pagine esplorano criticamente,
con approccio sociosemiotico, alcuni usi significativi dell'immagine, soprattutto fotografica e televisiva. I casi studiati appartengono agli ambiti centrali e problematici della pubblicità, della politica, dell'informazione, della costruzione della memoria collettiva e individuale.
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Piccolino, Marco , Nicholas J. Wade
Insegne ambigue. Percorsi obliqui tra storia, scienza e arte da Galileo a Magritte
Ets, pp. 122
2007
"la scoperta di un affascinante fenomeno visivo in una bandiera ottomana della Chiesa dei Cavalieri di Pisa: il primo esempio di ambiguità della storia."
Il libro affronta il tema dell'ambiguità nella comunicazione sia figurativa che verbale. Si raccontano i meccanismi che ne sono alla base e la sua presenza in ambiti diversi, dalle decorazioni musive di epoca romana, alle insegne delle navi da guerra ottomane; dalla polemica di Galileo sulla comparsa di nuove stelle e comete, fino alla pipa che non si può fumare di René Magritte
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Pinotti, Andrea
Estetica della pittura
Il Mulino, pp. 264
2007
Fin dalle sue origini, la filosofia ha deciso che si pensa ragionando con i concetti, e con l'anima che guarda alle idee. E nella città ideale platonica non c'è posto per gli amici delle immagini - i pittori - in quanto produttori di apparenze. Ma da quel primo esilio la pittura non ha cessato di interrogare la filosofia, opponendo alla visione disincarnata delle idee, praticata dall'occhio dello spirito, la visione concreta di linee e colori, praticata dall'occhio del corpo: un pungolo costante, che contenderà per secoli al pensiero il primato dell'autentico vedere e di un diverso pensare. Il libro racconta la storia di quell'interrogazione, e le risposte che via via i filosofi hanno cercato nelle teorie estetiche, individuando i problemi fondamentali che, dall'antichità ai giorni nostri, continuano a riproporsi: imitazione ed espressione, disegno e colore, forma e contenuto, figurazione e astrazione. Fino al Novecento, quando la riabilitazione del corpo e dell'immagine ha profondamente rimescolato le carte in gioco, e i filosofi hanno trovato nei pittori un tempo esiliati una nuova casa per il loro pensiero.
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Pinotti, A. , Somaini A.
Teorie dell'immagine. Il dibattito contemporaneo
Raffaello Cortina Editore
2009
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Poggi, Stefano
La vera storia della regina di Biancaneve, dalla selva turingia a Hollywood
Raffaello Cortina, 103 p., ill., rilegato
2007
Nel duomo di Naumburg, nella Germania centro-orientale, la statua medioevale di Uta di Ballenstein affascina da secoli i visitatori. Il passaparola tra chi rimane colpito dalla sua altera bellezza già vi aveva ravvisato l'archetipo di uno dei cattivi cinematografici del Novecento: la regina di Biancaneve e i Sette Nani. Era un passaparola ben fondato: molti indizi confermano che proprio Uta di Naumburg è il modello della crudele matrigna di Biancaneve. Questo libro singolare rivela come e perché ciò sia accaduto. Il racconto della trasformazione di Uta in Grimilde diviene così una vera e propria spy story tra Germania e Stati Uniti negli anni che precedono la seconda guerra mondiale: ne sono protagonisti non solo Walt Disney e i suoi collaboratori ma anche Marlene Dietrich, Leni Riefenstahl e il Dottor Gobbels.
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Presenti Campagnoni, Donata
Quando il cinema non c'era. Storie di mirabili visioni, illusioni ottiche e fotografie animate
UTET Università, XIV-322 p., brossura
2007
Lanterne magiche, fantascopi, panorami, "giocattoli filosofici" dai nomi stravaganti: questi e altri ingegnosi dispositivi hanno dato spettacolo fino all'alba del XX secolo, suscitando incanto e meraviglia prima che l'era del cinema si affermasse. Tante storie diverse che raccontano di illusioni ottiche più o meno sofisticate, ricche di piccoli capolavori, gemme dell'artigianato del tempo, macchine fantastiche oggi troppo spesso cadute nell'oblio. Con la competenza e l'amore che nascono dalla lunga e continua frequentazione, Donata Pesenti Campagnoni ripercorre queste storie dimenticate che talora si incontrano per poi procedere parallelamente, incrociarsi di nuovo o, più semplicemente, proseguire per la propria strada e disperdersi. A completare il libro, Roberta Basano ha curato le schede tecniche sui dispositivi e i protagonisti di queste storie. "Quando il cinema non c'era", senza nulla togliere al rigore della ricostruzione storica, è per questo un libro che si legge tutto d'un fiato, per perdersi in un racconto di luci e di ombre, di prodigiose apparenze e di mirabili visioni, che fa rivivere la magia di un mondo scomparso affascinante e meraviglioso al tempo stesso.
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Prete, Antonio
Trattato della lontananza
Bollati Boringhieri, 194 pp.
2008
Questo poetico saggio, di uno dei maggiori esperti di Leopardi, descrive alcune figure della lontananza, così come la letteratura e le altre arti le hanno accolte e interrogate.
Oggi la lontananza non è più lontana. È prossima, transitabile, persino domestica. È infatti nelle case, sul monitor del computer, sul display dei cellulari, nel suono che giunge agli auricolari. La tecnica del nostro tempo, la tecnica oggi trionfante, è infatti la tecnica del lontano. Tutto quel che è lontano – isole, deserti, città, avvenimenti, paesaggi, costumi di ignote popolazioni – viene oggi verso di noi, bruciando il tempo e lo spazio della lontananza. Si fa contemporaneo. Si fa superficie, schermo, suono. Diventa il qui e ora offerto allo sguardo, all’ascolto.
Prete invita a non sopprimere la lontananza attraverso la narrazione, la poesia, le arti che tengono aperto lo spazio della lontananza, perché rappresentano la lontananza come lontananza, perché esigono la collaborazione immaginativa e meditativa di colui che legge, di colui che osserva.
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Reale, Giovanni
I Misteri di Gruenewald e dell'Altare di Isenheim
Bompiani, 336 pp.
2006
Matthias Grunewaìd ci ha sempre attratto, soprattutto a partire da varie riflessioni fatte da scrittori, pensatori e teologi sull' Altare di Isenheim, che ci hanno illuminato più di quelle fatte dalla maggior parte degli storici dell'arte. In effetti il messaggio di tale pittore trascende l'ambito specifico della storia dell'arte, in quanto investe in maniera assai forte i due problemi di fondo dell'uomo: quello della sofferenza, quello della morte e del loro senso. Le soluzioni che egli presenta di questi problemi, sono quelle di un vero credente nel messaggio del cristianesimo, oltre che di un uomo impegnato a fondo nel portare aiuto a quelle persone sulle quali tali problemi pesavano in sommo grado, vaie a dire ai lebbrosi dell'ospedale annesso al convento dei frati dell'Ordine di Sant'Antonio di Isenheim. Una interpretazione adeguata del messaggio comunicato con la creazione del grande Altare di ìsenheim — che è un grandioso polittico articolato in forma di libro, non può basarsi solamente su criteri estetici e connessi con l'arte pittorica, e nemmeno può esaurirsi in ricerche che mirino a ricostruire il misterioso personaggio storico che sta sotto il nome di Grünewaìd.
(dalla Prefazione dell'Autore)
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Sanchez, Carmen
Arte ed eros nel mondo classico
Bollati Boringhieri, 138 p., ill., brossura
2006
Nel mondo classico il pensiero religioso, i costumi sociali, la disparità tra i ruoli maschili e femminili, l'incontro-scontro tra uomini e donne, diedero vita a una particolare arte erotica, il cui studio può aiutare a comprendere la complessa natura di queste società. Questo non è quindi un saggio sulla sessualità nel mondo greco e romano, ma una percorso nell'immaginario visivo dell'erotismo classico, in cui i testi vengono trattati come illustrazioni allo scopo di capire, spiegare, e soprattutto far parlare le immagini. Offrire, ad esempio, al pubblico il corpo nudo degli atleti (quello delle donne sarebbe arrivato più tardi) fu un avvenimento sorprendente e dalle conseguenze enormi. Fornì infatti ai greci un'identità culturale che contribuì al loro periodo di splendore. In un universo in cui l'omosessualità e la schiavitù erano fortemente presenti, Roma impose una morale sessuale del tutto originale, in cui non mancò un tocco di senso dell'humour. Carmen Sànchez si serve di terrecotte, bassorilievi, sculture, vasi e altri reperti archeologici custoditi nei musei per mostrare come fosse la vita quotidiana del tempo e le relazioni tra greci e romani.
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Senaldi, Marco , Bonmariage, Freddy
Doppio sguardo. Cinema e arte contemporanea
Bompiani, pp. 336
2008
Il rapporto tra cinema e arti visive è stato sovente interpretato come un educato scambio di cortesie – o in termini di citazione reciproca, oppure come un confronto fra dispositivi differenti. Ma, se si osserva che il vero partner storico del cinema non è tanto l’“arte” come tale, con la sua vicenda millenaria, ma la più o meno coeva “arte contemporanea” (la Biennale di Venezia è nata nel 1895, lo stesso anno dell’invenzione del cinematografo!) – allora si capisce che le cose stanno diversamente. In realtà, il rapporto fra cinema e arte è una vera relazione di odio-amore, una autentica dialettica che comprende momenti di rivalità, di passione, di rapimento, coronati, talvolta, da un riscatto finale. Se all’inizio era il cinema che cercava di sottrarre all’arte il primato estetico, ricreandone filmicamente le atmosfere e le immagini, a un certo punto è avvenuto il contrario, e il cinema è divenuto il “repertorio visivo” dell’arte contemporanea. La novità è che oggi entrambe queste “figure”, pur conservando la loro rispettiva autonomia, si rispecchiano l’una nell’altra in una nuova dimensione riflessiva della cultura. Ed è con questa dimensione che tutti – appassionati cinefili o fruitori d’arte, o anche semplici spettatori – siamo chiamati a misurarci.
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Simenon, Georges
Fotografie di viaggio
Archinto, pp. 169
2008
Non tutti sanno che Georges Simenon, oltre ad essere lo straordinario scrittore che conosciamo, ha scattato più di duemila fotografie nel corso di lunghi viaggi e crociere in ogni parte del mondo. Erano gli anni in cui, accanto all'attività di giornalista e reporter, componeva i suoi primi romanzi. Il volume ci offre un'ampia e interessante selezione di queste immagini, inedite per il pubblico italiano e mai esposte durante la vita dello scrittore. Le fotografie risalgono agli anni 1931-1935 e testimoniano di un desiderio di cogliere in presa diretta le molte realtà del mondo, senza artifici, senza retorica, con l'immediatezza di uno sguardo pronto e curioso. Niente di sensazionale o di pittoresco, nessuna ricerca estetica. I testi che le accompagnano inquadrano le occasioni in cui sono state realizzate e le collegano al contesto letterario dell'opera di Sìmenon, mettendo in luce le tante analogie dei due linguaggi, quello della scrittura e quello della fotografia: lucidità, assoluta mancanza di enfasi, sensibilità per uomini e cose, spontaneità e semplicità. Gli istanti catturati da Simenon sono veri racconti per immagini, sia che si tratti di paesaggi o di visioni di città deserte, di gruppi umani o del ritratto di un unico personaggio colto nell'essenzialità di un attimo.
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Somaini, Antonio , a cura di
Il luogo dello spettatore. Forme dello sguardo nella cultura delle immagini
Vita e Pensiero, pp. 166
2005
Che cosa significa essere uno ‘spettatore’? È la domanda a cui intende rispondere questo volume, un ricco percorso interdisciplinare lungo il quale incontriamo immagini dipinte e digitali, schermi televisivi e cinematografici, spettacoli dal vivo e ambienti virtuali. In quella che è stata definita la ‘società dello spettacolo’, l’era del ‘visivo’ e della ‘simulazione’, le immagini circolano in modo fluido, e la velocità della loro diffusione introduce nuovi ritmi e nuovi stili di visione. I luoghi e i tempi in cui assumiamo il ruolo di spettatori si moltiplicano, inducendo a una riflessione sullo statuto di quella forma particolare di sguardo che è lo sguardo dello spettatore. Lo studio del presente non può però prescindere da una ricostruzione di tipo genealogico, capace di descrivere la genesi delle forme di ‘spettatorialità’ che caratterizzano la cultura visuale contemporanea. La storia delle immagini è accompagnata da una storia dei modi di vedere e degli atteggiamenti nei confronti del visivo che attraversa la letteratura e la filosofia, l’arte e la scienza. Prendendo in considerazione una grande varietà di forme di rappresentazione e di spettacolo, gli autori dei testi riuniti in questo volume indagano da diversi punti di vista la distanza e la passività tradizionalmente associate alla figura dello spettatore, mettendone in luce le implicazioni estetiche, politiche e morali. Nel suo insieme, il libro presenta un’ampia panoramica di quegli studi sulla cultura visuale che costituiscono uno dei campi di ricerca più vivi e attuali.
Hanno collaborato a questo volume: Zygmunt Bauman, Riccardo Caldura, Jonathan Crary, Roberto Diodato, Filippo Fimiani, Tonino Griffero, Federico Luisetti, Andrea Pinotti, Leonardo Previ, Marco Senaldi, Richard Shusterman, Antonio Somaini, Peter Szendy, Jean-Jacques Wunenburger.
Antonio Somaini è docente di Economia e politica dell’arte e dei beni culturali all’Università Cattolica di Milano e di Estetica al Politecnico di Milano-Bovisa e all’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo. È autore del volume Rappresentazione prospettica e punto di vista (Milano 2004) e di saggi sulla teoria dell’immagine, sul rapporto tra linguaggi figurativi e teorie della visione nella filosofia moderna, e sul ruolo dello spettatore nell’arte contemporanea. Ha curato la raccolta di saggi e la mostra d’arte contemporanea intitolate Il dono. Offerta, ospitalità, insidia (Milano 2001) e, insieme a Elio Franzini, l’antologia Estetica (Milano 2002).
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Timeto, Federica , a cura di
Culture della differenza
UTET Università, pp. 224
2008
I saggi raccolti in questo volume intendono esplorare le figurazioni dell’identità di genere nella cultura visuale contemporanea, spaziando dalla pubblicità al video, dalla pittura alla performance, dal cinema alle nuove tecnologie multimediali.
Il filo rosso che collega questi testi è la riflessione sulle rappresentazioni del femminile nell’attuale scenario postcoloniale e transculturale.
Il genere rappresentato dal linguaggio e dalle immagini della cultura postmoderna e postcoloniale non è una categoria astratta e universalmente valida, stabile nel tempo e nello spazio, ma una realtà materiale localizzabile e in divenire, che disegna cartografie mobili le quali richiedono una nuova attitudine interpretativa profondamente politica.
Attraverso il percorso proposto da Federica Timeto, si indaga così il legame fra visualità e alterità, ovvero la funzione che le immagini rivestono nella produzione delle differenze: differenze non solo sessuali, ma legate alle diverse coordinate socio-culturali riguardanti anche l’etnia, il colore della pelle, l’appartenenza sociale, le divisioni territoriali ed economiche dei soggetti coinvolti.
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Tosi, VIrgilio
Il cinema prima del cinema
Il Castoro291 p., ill., brossura
2007
Il volume di Virgilio Tosi è la summa del periodo in cui il cinema ha gettato le sue radici, che fu ben prima dell'ormai tradizionale data di nascita del 28 dicembre 1895, inizio delle regolari proiezioni pubbliche a pagamento del cinématographe dei fratelli Lumière, e racconta con linguaggio limpido e preciso la storia e le avventure dei protagonisti di un periodo pionieristico, affascinante e imprescindibile, che non ha tuttavia ancora ricevuto l'attenzione che merita. Dalle lanterne magiche, in uso già nel Settecento, alle fotografie seriali di Muybridge, al revolver fotografico di Janssen, al cronofotografo di Marey e al kinetoscopio di Edison, i tentativi di riprodurre il movimento, per scopi scientifici o di spettacolo, sono stati numerosissimi. Già da un secolo prima del 1895 pionieri e ricercatori cercavano di scomporre il movimento, catturare l'istante, ricomporre sequenze. Erano astronomi, medici, fisiologi, e fotografi animati da interessi scientifici e ancora lontani dalla connotazione spettacolare che avrebbe assunto il cinema dopo i Lumière.
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van Alphen, Ernst
What History, Whose History, History to What Purpose?”: Notions of History in Art History and Visual Culture Studies
«Journal of Visual Culture», vol. 4, pp. 191-202.
2005
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van Alphen, Ernst
Art in Mind: How Contemporary Images Shape Thought
University Of Chicago Press
2005
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Verdon, Timothy
Attraverso il velo. Come leggere un'immagine sacra
Ancora, pp. 208
2007
Un saggio che fornisce le coordinate metodologiche per comprendere le opere d'arte religiose non solo da un punto di vista artistico ma anche e soprattutto da un punto di vista spirituale. Ogni mosaico, affresco, pale d'altare, scultura o suppellettile per il culto diventano essi stessi delle "vie" oltre il velo, che favoriscono un incontro portante alla comunione. Ogni opera viene analizzata artisticamente analizzando anche la simbologia utilizzata e l'intenzione spirituale. Consegue che la prima chiave di lettura di opere create al servizio della fede in Cristo deve essere la stessa fede in Cristo, e che - oltre la necessaria analisi storica, stilistica e contenutistica - la lettura di tali opere implica anche una lectio spirituale elaborata con consapevolezza biblica, sensibilità liturgica e quel sensus fidei che riconosce ed ama ciò che è conforme a Cristo. Fra gli artisti, Giotto, Piero della Francesca, Leonardo, Mario Botta, e poi mosaici, placchette votive, xilografie.
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Wolf, Gerhard , Dufour Bozzo C., Calder
Mandylion. Intorno al Sacro Volto, da Bisanzio a Genova
2004
Il Mandylion, ossia l'icona del Sacro Volto di Genova custodita nella chiesa di San Bartolomeo degli Armeni, è una delle più misteriose immagini del Salvatore.
Arrivato in città nel tardo Trecento come dono dell’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo al capitano e poi Doge genovese Leonardo Montaldo, venne destinato da questi, prima di morire, al monastero di San Bartolomeo degli Armeni.
Le vicende del Mandylion sono narrate sulle formelle della splendida cornice paleologa che la racchiude; altro cimelio orientale di gran pregio è il tessuto con animale alato entro due rotae, il velo che avvolgeva la sacra immagine, del quale esiste un pendant nel Museo Storico Statale di Mosca.
Nella mostra installata nel 2004 al Museo Diocesano, di cui questo volume costituisce il catalogo, il filo conduttore è il viaggio. Secondo la tradizione, lo stesso Mandylion non fu dipinto da mano umana, ma sarebbe l'impronta miracolosa del viso di Cristo sopra un panno. Fu inviato da Egli in persona al Re Abgar di Edessa, e nell'anno 944 la sacra reliquia fu trasferita a Costantinopoli, dove diventò il palladio della città imperiale. Da lì parte più di quattro secoli più tardi il Sacro Volto, che fino a oggi si conserva a Genova.
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Ziff, Trisha
Che Guevara rivoluzionario e icona
Electa, collana: Cataloghi Triennale
2007
Le curiose e affascinanti metamorfosi di un'immagine cult simbolo universale di protesta politica e gadget di consumo. Il volto di Ernesto Che Guevara, "encabronado y dolente", corrucciato e triste, fotografato da Alberto Korda il 5 marzo 1960, ai funerali delle vittime di una nave fatta saltare dalla Cia, è divenuto simbolo universale di protesta politica. Fotografie, poster, filmati, insolita oggettistica e abbigliamento da tutto il mondo, tracciano l'evoluzione dell'immagine di Che Guevara: eroe della guerrilla, celebrità pop e persino simbolo del radical chic. Un'immagine che è riuscita a resistere all'usura del tempo e delle ideologie. La mostra e il catalogo si avvalgono della collaborazione di Roberto Massari, tra i maggiori studiosi di Che Guevara, e promotore della Fondazione Ernesto Che Guevara, nota in tutto il mondo.
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