Summer School Critica/Crisi - bibliografia |
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Agamben, Giorgio
Infanzia e storia. Distruzione dell’esperienza e origine della storia
Einaudi, Torino
1978
"Il vero luogo dell'esperienza non può essere né nella parola né nella lingua, ma nello spazio fra essi. Per questo ho cercato di definire come in-fanzia dell'uomo il luogo di un'esperienza originaria. Non si tratta dell'infanzia, in senso stretto ma piuttosto della traccia che l'infanzia dell'uomo lascia nel linguaggio stesso, cioè di quella scissione fra lingua e parola che caratterizza in modo esclusivo il linguaggio umano".(Giorgio Agamben)
L'uomo moderno è ancora capace di esperienza o la distruzione dell'esperienza è da considerare un fatto ormai compiuto? Da questo interrogativo prende avvio la ricerca che dà il titolo al volume per proporre un ripensamento radicale del problema dell'esperienza, in cui il tema si allarga sino ad abbracciare motivi apparentemente lontani: la sotterranea solidarietà di razionalismo e irrazionalismo nella nostra cultura e lo scivolare della fantasia dalla sfera della conoscenza a quella dell'irrealtà; la scissione fra desiderio e bisogno e l'apparizione del concetto di inconscio; il rifiuto delle ragioni dell'esperienza da parte dei movimenti giovanili e lo spostarsi dell'avventura dal quotidiano allo straordinario; la nascita dell'io e la rivendicazione dell'inesperibile nella poesia moderna.Finché, nell'ultima parte, tutti questi motivi convergono in una teoria dell'infanzia dove alcuni dei temi cruciali del pensiero contemporaneo, come l'opposizione antropologica fra natura e cultura e quella linguistica fra lingua e parola, trovano una nuova formulazione, in una prospettiva in cui l'uomo non appare piú, secondo la tradizione metafisica, come «l'animale che ha il linguaggio», ma come l'animale che ne è privo e deve, perciò, riceverlo dall'esterno.Intorno a questo nucleo centrale, ruotano una serie di studi sul gioco e sul rito, sull'istante e il tempo, sulla fiaba e il presepe, uniti nello stesso tentativo di ripensare il rapporto fra l'uomo e la sua storia.
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Auerbach, Erich
Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale
Einaudi, Torino
1956
Una storia del realismo letterario che abbraccia piú epoche, dagli antichi tempi biblici e omerici sino al Medioevo cristiano, al Rinascimento, al Sei e Settecento e, passando attraverso il realismo ottocentesco, fino agli scrittori del Novecento. Un capolavoro della critica letteraria in cui Auerbach si rivela ancora una volta uno scrittore impegnato sugli autori piú famosi e sulle opere principali della civiltà europea. Mimesis è un'indagine condotta sul realismo letterario, dagli antichi tempi biblici e omerici sino al Medioevo cristiano, al Rinascimento, al Sei e Settecento e che si estende quindi, attraverso il nodo centrale del realismo moderno ottocentesco, fino agli scrittori del Novecento, in particolare Marcel Proust e Virginia Woolf. L'autore ha inteso accertare la presenza e la validità della teoria classica dei livelli di stile nella rappresentazione letteraria, pervenendo a una storia del realismo per mezzo di una metodologia stilistica. è nato cosí un capolavoro della critica letteraria in cui si può cogliere all'opera l'acutezza di uno studioso che si rivela anche scrittore impegnato sugli autori piú famosi e sulle opere principali della civiltà europea.
Volume primo: I. La cicatrice d'Ulisse. II. Fortunata. III. L'arresto di Pietro Valvomeres. IV. Sichario e Cramnesindo. V. La nomina di Orlando a capo della retroguardia nell'esercito franco. VI. La partenza del cavaliere cortese. VII. Adamo ed Eva. VIII. Farinata e Cavalcante. IX. Frate Alberto. X. Madame du Chastel. Volume secondo: I. II mondo nella bocca di Pantagruele. Il. L'humaine condition. III. ll principe stanco. IV. Dulcinea incantata. V. L'ipocrita. VI. La cena interrotta. VII. Miller il musicista. VIII. All'hotel de La Mole. IX. Germinie Lacerteux. X. Il calzerotto marrone. - Conclusione. - Indice analitico.
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Berger, Maurice Sharon Beder
The Crisis of Criticism
The New Press
1998
Not long ago, the fate of a film or Broadway show rested in the hands of the critics. Producers and directors could be found in Sardis opening night waiting nervously for the reviews in the late edition papers. A film would fail with a pan from Pauline Kael. An artist's work would instantly increase in value if celebrated by the right papers. But what is the purpose of the critic today? Are they the legislators of cultural tastes, or a conduit for the public's understanding of art? Why are these people entitled to dictate what is good or bad, and who is listening anymore? Maurice Berger assembles the top critics in each field to address the problematic nature of the critic's authority and responsibilities. Contributors include Richard Martin, bell hooks, Jim Hoberman, Arlene Croce, Wayne Koestenbaum, and others.
Maurice Berger is a cultural historian, art critic, and curator. He is Research Professor and Chief Curator at the Center for Art, Design and Visual Culture, University of Maryland, Baltimore County. A student of the pioneering theoretical art historian Rosalind E. Krauss, he completed a B.A. at Hunter College and Ph.D. in art history and critical theory at the City University of New York.
Berger is the author of eleven books on the subject of American art, culture, and the politics of race. His writing on art, film, television, theater, law, and the politics of race have appeared in many journals and newspapers, including Artforum, Art in America, The New York Times, The Village Voice, October, Wired, and The Los Angeles Times. He has also contributed essays to numerous exhibition catalogs and anthologies.
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Burckhardt, Jacob
Sullo studio della Storia
Einaudi, Torino
1998
Le lezioni che Burckhardt tenne all'Università di Basilea tra il 1868 e il 1873, uno dei momenti salienti della moderna riflessione storiografica. Condotta sui manoscritti originali, la nuova edizione a cura di Maurizio Ghelardi restituisce gli appunti dello storico svizzero alla loro vera natura, facendo giustizia delle deformazioni nate dalle precedenti manipolazioni e riproducendo le frequenti osservazioni critiche che Burckhardt annotava in margine ai fogli.
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Castoldi, Alberto
Il realismo borghese
Bulzoni, Roma
1976
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Castoldi, Alberto
Il testo drogato. Droga e letteratura tra Ottocento e Novecento
Einaudi, Torino
1997
L'analisi delle principali droghe così come nel tempo sono venute ad imporsi nell'ambiente culturale europeo, dove il ruolo principale è stato svolto dapprima dalla cultura inglese, successivamente da quella francese.
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Castoldi, Alberto
Congedi. La crisi dei valori nella modernità
Bruno Mondadori, Milano
2010
Un'analisi della progressiva e profonda crisi "dei valori che ha segnato la società occidentale degli ultimi secoli. Esaminando il pensiero di grandi intellettuali della modernità - da Baudelaire a Valéry, da Spengler a Camus, da Nietzsche a Heidegger, a Derrida -, l'autore riflette sulla perdita traumatica dell'orizzonte di senso che segue all'affermazione della nuova civiltà borghese, incentrata sul progresso tecnologico-scientifico, e ne indaga gli effetti a livello sociale, filosofico e letterario. A emergere con forza è una tradizione intellettuale nichilista, in cui siamo tuttora immersi e che mette in discussione la possibilità di proporre valori assoluti come metro interpretativo. La tendenza culturale dominante diviene così il relativismo, in bilico tra il rischio di accettazione passiva e omologante di tutte le idee e la speranza di apertura autentica alla negoziazione e al dialogo.
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Duque, Félix , Vitiello, Vincenzo
Celan Heidegger
Mimesis, Milano
2011
"Il luogo di confronto tra Heidegger e Celan, qui scelto, è il 'linguaggio'. Ad esso appartengono entrambi. Ma come due mondi diversi e distanti, tanto da rendere il luogo di appartenenza un puro spazio vuoto, un'astrazione. Ciò che davvero pone in relazione il filosofo e il poeta è allora il tempo: il tempo del linguaggio. Il linguaggio poetico di Celan nasce con la morte del linguaggio filosofico di Heidegger." (V. Vitiello)
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Duque, Félix , a cura di L. Sessa
Terrore oltre il postmoderno. Per una filosofia del terrorismo
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
1996
L'interpretazione dei fondamenti teorici del terrorismo islamico alla luce di capisaldi decisivi della tradizione occidentale - dalla Bibbia alla filosofia della storia - offre una chiave di lettura che smonta decisamente la tesi, superficiale e rassicurante, dello "scontro di civiltà".
Un'analisi filosofica serrata dell'arte contemporanea (dalla scultura all'architettura, dalla body art al cinema) che viene letta in base a due categorie apparentemente simili, ma in realtà contrastanti: l'orrore e il terrore.
Titolo originale: Terror tras la postmodernidad, Madrid 2004.
INFO: http://www.edizioniets.com/anteprime/Duque_terrorismo_88-467-1356-7
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Duque, Félix , a cura di E. Forcellino
La radura del sacro
AlboVersorio, Milano
2007
Al fine di evitare la devastazione del mondo è necessario separare l'uomo da Dio, sì che l'uomo senta questa mancanza come un aiuto. Perché come un aiuto? Per sentire il dolore della sua propria mortalità, del suo essere strappato dal Dio. Solo attraverso la costanza di tale solitudine - contrapposta al dimorare hegeliano e paolino del Dio in noi - può essere presentita anche la gioia per l'apparizione futura del Dio. La massima tristezza e il massimo piacere sono qui uniti. Ma il dolore è prima." pagine 147, Brossura, volume in Italiano tradotto da L. Sessa.
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Duque, Félix , a cura di L. Sessa
Geni dee e guardiani. Arte e politica nella crisi della modernità
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
1996
In questo volume il teorico spagnolo affronta il tema del rapporto tra estetica e politica. Dopo un saggio su Kant. Dunque svolge due temi di interesse molto attuale: l'idea di Europa degli scrittori romantici e, con sguardo nuovo, il problema della complessa relazione tra la filosofia di Heidegger e la politica del nazismo.
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Fuchs, Christian
Krise und Kritik in der Informationsgesellschaft
Taschenbuch
2002
Eine Arbeit über die Krise des Kapitalismus, die Aktualität des Denkens Herbert Marcuses und die Bedingungen von Gesellschaftskritik heute
In welcher Gesellschaft leben wir? Wie haben sich die Bedingungen für Gesellschaftskritik gewandelt? Warum erleben wir eine seit mehr als 25 Jahren andauernde allgemeine Krise? Wie wird die Gesellschaft in einigen Jahrzehnten aussehen? Gibt es Auswege aus der Krise, die eine nachhaltige Entwicklung einleiten?
Teil 1 dieses Buches beschäftigt sich in einigen Aufsätzen mit der Aktualität des Denken des Philosophen und Gesellschaftskritikers Herbert Marcuse. Insbesondere Visionen einer besseren Gesellschaft und die Betonung der Notwendigkeit des aktiven, selbstorganisierten Handelns der Menschen gegen alle Formen der Unterdrückung sind Ideen Marcuses, denen heute für die Lösung der großen gesellschaftlichen Probleme besondere Bedeutung zukommt.
Teil 2 diskutiert aktuelle gesellschaftliche Veränderungen und die Krise der bestehenden Gesellschaftsformation. Dazu werden verschiedene krisentheoretische Ansätze vorgestellt (Regulationstheorie, marxistische Krisentheorie, Neoschumpterismus) und ihre Erklärungen geprüft. Des weiteren wird ein allgemeines Modell entwickelt, dass die kapitalistische Gesellschaftsformation als antagonistisches, krisenhaftes, komplexes System begreift. Mit dessen Hilfe wird die anhaltende Gesellschaftskrise erklärt.
Die Entwicklung der modernen Gesellschaft hat an einen Punkt geführt, in dem die Ambivalenz einerseits großer Risiken (Zerstörung der Menschheit etc.), andererseits großer Chancen auf positive, progressive Veränderungen besteht. Die weitere Entwicklung ist offen, ist aber insbesondere davon abhängig, ob es den Menschen gelingt, aus der anhaltenden Verwaltung des Denkens auszubrechen und ihre Selbstorganisationspotentiale zu verwirklichen.
Auch erhältlich ist der erste Teil dieser Arbeit („Soziale Selbstorganisation im informationsgesellschaftlichen Kapitalismus“)
Wenn sie eine Rezension dieser Arbeit schreiben möchten, schicken wir Ihnen gerne gratis ein Rezensionsexemplar. Sie sollten nach Möglichkeit aber schon geklärt haben, wo diese Rezension erscheint und sie sollte dann auch wirklich veröffentlicht werden.
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Huizinga, Johan
L’autunno del Medioevo
Sansoni, Firenze
1944
Con "L'autunno del Medioevo", Huizinga dimostra la forte continuità che lega l'età medievale al successivo sviluppo artistico e culturale del Rinascimento. Un'intuizione, quella di Huizinga, talmente innovativa da causare lo sdegno degli addetti ai lavori quando il libro, nel 1919, venne pubblicato per la prima volta. Da allora, l'opera di Huizinga è stata largamente rivalutata, non solo per il rigore storico che la sostiene ma anche per il fascino di una narrazione che non ha nulla da invidiare a un romanzo. Affascinante anche agli occhi del lettore non specialista, "L'autunno del Medioevo" ha il merito di individuare nei riti dell'amore e dell'onore, nei simbolismi e nelle allegorie, nei miti e nelle leggende, quelle che sono le creazioni originali della civiltà medievale, a torto ritenuta oscura in rapporto ai fasti e agli splendori rinascimentali. Introduzione di Ludovico Gatto.
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Jedlowski, Paolo
Il racconto come dimora. «Heimat» e le memorie d'Europa
Bollati Boringhieri, Torino
2009
Paolo Jedlowski prende qui le mosse dal famoso film "Heimat", del regista tedesco Edgar Reitz, che racconta la storia di una famiglia tedesca nel corso del Novecento. Riguardo ad alcuni snodi cruciali, e ad alcuni degli eventi più traumatici del secolo trascorso, fra cui il nazifascismo e l'Olocausto, questa storia è però anche quella di un'incapacità di narrarsi: un'incapacità cui il film intende supplire. La dimora originaria (il luogo natale, la patria, ciò a cui la parola "Heimat" rimanda e con cui il rapporto è incrinato) viene riconfigurata e in parte riconquistata attraverso il racconto. O forse è il racconto stesso che si svela dimora. In questo volume, la storia di "Heimat" si intreccia con altri racconti del Novecento e con l'elaborazione originale di una sociologia della narrativa, che prende in considerazione sia pratiche di carattere orale, sia forme mediate come il cinema. Studioso dei rapporti tra narrazione ed esperienza, Jedlowski mostra qui come quest'ultima non sia semplicemente quello che viviamo, ma anche il processo che nella memoria connette i vissuti e li dota di senso: un processo che si giova del racconto e della presenza di destinatari per i quali narrare.
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Jedlowski, Paolo
Un giorno dopo l'altro. La vita quotidiana tra esperienza e routine
Il Mulino, Bologna
2005
La successione confortante e routinaria di gesti e comportamenti che, nel passato, scandiva il passare dei giorni e del tempo poteva avere senso solo perché il nostro incedere aveva una direzionalità, l'abitudine uno scopo, la ripetizione un vantaggio. Oggi la vita è incerta e insicura e la quotidianità è un convulso regno di priorità che vengono in continuazione scomposte e ricomposte, in un flusso caotico di informazioni ed eventi. Con l'ausilio di materiali diversi (film, letteratura, reportages), il libro esamina i maggiori cambiamenti oggi in corso nella quotidianità: la compressione dello spazio e del tempo, lo sviluppo dei mezzi tecnologici, il ruolo crescente dei media, i consumi e il lavoro, le modificazioni nei rapporti sociali.
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Jedlowski, Paolo
Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero sociologico
Carocci, Roma
1998
La storia della sociologia, nella ricchezza dei suoi discorsi e nella varietà delle sue pratiche, non è unificata tanto da un oggetto o da un metodo determinati quanto da uno specifico tipo di curiosità scientifica: una curiosità per la vita sociale che ne mette in questione le forme rinunciando programmaticamente a considerarle scontate. Rispettando la complessità della storia della sociologia, il libro ne offre una ricostruzione puntuale e documentata, che in questa edizione è stata aggiornata e arricchita da due nuovi capitoli sulla sociologia più recente. Una particolare attenzione ai rapporti tra la sociologia e le altre scienze sociali e la consapevolezza degli esiti più recenti della ricerca storiografica rendono l'esposizione originale in più punti, permettendo la rivalutazione di autori a volte sottostimati e inserendo problematiche non considerate dalla manualistica corrente. Agli studenti dei primi anni di università il libro si presenta come uno strumento rigoroso e una guida, ma per la sua chiarezza e per l'ampiezza dell'orizzonte proposto si offre come una lettura per tutti coloro che siano interessati a scoprire quanto la sociologia ha da dire sul mondo moderno e contemporaneo.
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Koselleck, Reinhart
Kritik und Krise - Eine Studie zur Pathogenese der bürgerlichen Welt
Suhrkamp, Frankfurt am Main
1973
Il 20 novembre 1954, Kosselleck discute presso l'università di Heidelberg, con relatore Johannes Kühn, la sua tesi di laurea dal titolo Kritik und Krise. Eine Untersuchung der politischen Funktion des dualisten Weltbildes im 18. Jahrhundert (Critica e crisi. Una ricerca sulla funzione politica della dulistica visione del mondo nel XVIII secolo). La tesi sarà pubblicata nel 1959 con il titolo Kritik und Krise. Eine Beitrag zur Pathogenese der bürgerlichen Welt (Critica e crisi. Un contributo alla patogenesi del mondo borghese). L'opera, apprezzata dal pubblico degli studiosi apre il suo ingresso nel mondo scientifico vedrà nove edizioni in tedesco - un record per una tesi di laurea - e sarà tradotta in cinque lingue. Questo volume, che costituisce un testo di grande rilievo per la comprensione del periodo storico che va dalle guerre di religione alla Rivoluzione Francese, illustra come l'intelligenza borghese emerse dalla sfera intima e personale entro la quale lo stato assoluto aveva costretto i suoi sudditi. Nel corso dell'opera l'autore analizza tre momenti: lo stato assolutistico come risposta alla situazione delle guerre civili-religiose; gli aspetti ambigui della critica illuminista che, attraverso la negazione dello stato assoluto, mirava in realtà alla conquista del potere; il proseguimento della critica in crisi come cammino verso una guerra civile, costituita e legittimata, dal punto di vista della filosofia della storia, come rivoluzione. Questo volume non è tanto una «storia delle idee» sul tipo dell'«idea della ragion di Stato» del Meinecke, e neppure una dialettica storico materialistica, sul tipo della «Lessing - Legende» di Mehring. È piuttosto la realizzazione concreta della concezione storiografica secondo cui ogni epoca realizza il suo concetto del «politico» nei problemi e nelle soluzioni che da essa scaturiscono, e può essere compreso solo attraverso la comprensione di questi.
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Lethen, Helmut
Walter Benjamin ende politieke antropologie in de jaren twintig. Helmut Plessner, Carl Schmitt en Walter Benjamin
Benjamin journaal, vol. 5, pp. 27-48
1997
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Lethen, Helmut Wizisla ,Erdmut
Das Schwierigste beim Gehen ist das Stillestehen
Brecht Yb, vol. 23 (1998), pp.142-146.
1998
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Marramao, Giacomo
Minima temporalia. Tempo, spazio, esperienza
Luca Sossella Editore, Bari, nuova edizione 2005
1990
Il filo conduttore del viaggio che Giacomo Marramao intraprende qui attraverso i labirinti della prospettiva moderna è costituito da un tratto paradossale: l'inconcepibilità del tempo fuori del riferimento a rappresentazioni spaziali. Lo spiazzamento che ne consegue non si limita a problematizzare i risultati della "svolta linguistica", perseguiti in forme diverse dagli opposti speculari dell'analitica e dell'ermeneutica, ma investe in pieno le pretese della filosofia di estrapolare una dimensione "autentica" della temporalità in antitesi alla spazializzazione: a cominciare dallo stesso Heidegger, di cui il libro propone una critica teoretica radicale.
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Marramao, Giacomo
Potere e secolarizzazione
Bollati Boringhieri, Torino
2005
Con questo libro fondativo, da cui ha preso avvio la sua riflessione ventennale intorno all'«impensato» dell'idea di secolarizzazione, Marramao ha anche aperto la saggistica filosofica italiana agli esiti della Begriffsgeschichte tedesca: la storia concettuale che indaga sia la genesi e le trasformazioni del grande lemmario teoretico-politico, sia gli elementi figurali e i complessi metaforici che intervengono nella costituzione dell'«immagine del mondo» lungo la linea di confine tra metafisica e politica, scienza e multiverso delle pratiche.
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Marramao, Giacomo
Passaggio a occidente. Filosofia e globalizzazione
Bollati Boringhieri, Torino
2009
Secondo Giacomo Marramao, che affronta in questo libro lo straordinario "mutamento di scala" che accompagna i fenomeni politici della nostra epoca, il ricorso alle categorie di "mondializzazione" o "globalizzazione" non ha solo un significato tecno-economico. Siamo di fronte a un passaggio destinato a trasformare tutte le culture, che chiama in causa una riconversione di concetti fondamentali come identità e differenza, contingenza e necessità, nonché, per cominciare, locale e globale. Rispetto a diagnosi apparentemente antitetiche come quelle di Fukuyama (omologazione universale) e Huntington (conflitto delle civiltà), per Marramao è necessario demistificare due false opposizioni: Stato-mercato e Oriente-Occidente. A tale scopo, il libro, tenendo costantemente sullo sfondo la grande discussione sull'"èra globale" avviata fra le due guerre da autori come Spengler, Jünger, Schmitt e Heidegger, sviluppa la sua proposta muovendo dal disincanto della categoria di mercato operato da Polanyi e da una profonda revisione della comparatistica i delle civiltà operata da Weber. L'esigenza - avanzata in conclusione attraverso un serrato confronto con le posizioni di Habermas e di Derrida - di una "politica universalista della differenza" viene formulata in base a un radicale riesame critico delle pretese di universalità delle stesse categorie, tipicamente occidentali, di democrazia e filosofia.
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Marramao, Giacomo
Contro il potere
Bompiani, Milano
2001
Un esperimento insolito e originale forma l’oggetto di questo libro di Giacomo Marramao: la messa a fuoco dei punti d’intersezione tra le genealogie filosofiche e le diagnosi radicali del Potere, del Comando e della Legge fornite, in tempi e contesti diversi, da due grandi scrittori mitteleuropei come Elias Canetti (attraverso un confronto costante con l’opera di Kafka) e Herta Müller (lungo l’asse che collega la figura del Lager alle esperienzedi sorveglianza, isolamento e derelizioneesistenziale presenti nelle stesse democrazie).
Per afferrare il senso delle trasformazioni del potere occorre andare alle radici: all’arché o al principio che l’ha originato come fattore transculturale e trans-storico comune a tuttele società umane. Il potere non può essere soppresso: ogni tentativo di ‘superarlo’ – sopprimendo questa o quella forma del suo esercizio – non ha finora fatto che potenziarlo. Il potere deve essere, invece, sradicato, sovvertito nella sua logica costitutiva: la logica dell’identità, innervata nell’illimitatezza del desiderio e nella doppia scena paranoica della paura e della morte dell’altro. Tracciare una linea di frattura e di opposizione al potere significa, nel cuore del nostro presente globale, spostare il focus sui soggetti e sulla loro potenza di metamorfosi/rigenerazione. Ma ciò è possibile solo staccandosi dal rumore dell’attualità e riprendendo il filo interrotto di opere solitarie ed estreme.
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Marramao, Giacomo
Kairós. Aplogia del tempo debito
Laterza, Bari, nuova edizione 2005
2002
Da Platone allo spazio-tempo della relatività einsteiniana e all’‘indeterminato’ della meccanica quantistica. Una mossa originale che spiazza un’intera tradizione della filosofia. Un ripensamento radicale dei paradossi del tempo contro il ‘gergo filosofico’ che oppone autentico a inautentico, incommensurabilità della durata interiore alle ‘misure’ del tempo spazializzato. Al centro del libro, una critica serrata di Heidegger e dell’heideggerismo. Al termine del percorso emerge l’immagine del kairós, del ‘tempo debito’: contingenza propizia che dà luogo a ogni identità, c ompreso il fenomeno della Mente o Coscienza.
E, dallo sfondo del lessico greco, affiora – con un colpo di scena – un ultimo nodo cruciale: l’enigmatica origine del latino tempus.
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Moreiras, Alberto
The Exhaustion of Difference: The Politics of Latin American Cultural Studies
Duke University Press, Durham
2001
The conditions for thinking about Latin America as a regional unit in transnational academic discourse have shifted over the past decades. In The Exhaustion of Difference Alberto Moreiras ponders the ramifications of this shift and draws on deconstruction, Marxian theory, philosophy, political economy, subaltern studies, literary criticism, and postcolonial studies to interrogate the minimal conditions for an effective critique of knowledge given the recent transformations of the contemporary world.
What, asks Moreiras, is the function of critical reason in the present moment? What is regionalistic knowledge in the face of globalization? Can regionalistic knowledge be an effective tool for a critique of contemporary reason? What is the specificity of Latin Americanist reflection and how is it situated to deal with these questions? Through examinations of critical regionalism, restitutional excess, the historical genealogy of Latin American subalternism, testimonio literature, and the cultural politics of magical realism, Moreiras argues that while cultural studies is increasingly institutionalized and in danger of reproducing the dominant ideologies of late capitalism, it is also ripe for giving way to projects of theoretical reformulation. Ultimately, he claims, critical reason must abandon its allegiance to aesthetic-historicist projects and the destructive binaries upon which all cultural theories of modernity have been constructed.
The Exhaustion of Difference makes a significant contribution to the rethinking of Latin American cultural studies.
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Piretto, Gian Piero
Gli occhi di Stalin. La cultura visuale sovietica nell'era staliniana
Raffaello Cortina, Milano
2010
Cinema, cartelloni pubblicitari, monumenti, complessi architettonici: attraverso immagini di grande suggestione si indagano le strategie che hanno contribuito a costruire il sistema sociale, politico e culturale dello stalinismo. Il particolare universo visivo istituito da Stalin - sguardo del dittatore costantemente percepito dal cittadino, grazie alle infinite riproduzioni del corpo (e degli occhi) del capo - caratterizza il ventennio che ha segnato l'affermazione del socialismo reale in Russia, gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. L'ambiguo ma decisivo binomio terrore-euforia è il filo rosso che attraversa i capitoli del libro, dedicati ai differenti ambiti in cui trova espressione il Regime. Dal progetto della ricostruzione di Mosca ai "cantieri socialisti" del Nord, creati per addomesticare la natura; dal recupero di antiche tradizioni russe tradotte nel nuovo linguaggio sovietico alla costruzione di un "corpo collettivo" efficiente e ideologizzato, passando per mostre e parate, scatole di fiammiferi e carte di caramella.
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Piretto, Gian Piero
Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche
Einaudi, Torino
2001
Il volume ripercorre tappe di storia della cultura sovietica (dal 1917 al 1980), nelle sue manifestazioni "alte" e "basse", indagandone i riscontri cinematografici, iconografici, letterari, musicali e approfondendo momenti che hanno trovato riscontro anche nell'ambito della cultura di consumo, o che hanno prodotto elaborazioni originali nei settori della sub o contro-cultura.
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Stoichita, Victor I. , a cura di L. Corrain
Cieli in cornice. Mistica e pittura nel Secolo d'Oro dell'arte spagnola
Meltemi, Roma
2002
Rappresentare l’irrapresentabile, rendere visibile l’invisibile: è questa la sfida che molti artisti hanno raccolto nella Spagna del xvi e del xvii secolo, dipingendo quadri di visioni mistiche. Una sfida duplice, che consisteva nel raffigurare da una parte gli spettatori della visione coscienti del privilegio di assistervi, dall’altra ciò che era manifesto a questi ma non ad altri. Sicuramente gli artisti subivano pressioni e influenze da parte della Chiesa, tali comunque da non compromettere o limitare l’operato di innegabili talenti: basti pensare alle opere di Velázquez o del tardo El Greco. Con l’aiuto di un metodo originale, che si avvale dei contributi più recenti della semiologia, dell’antropologia dell’immagine e dell’estetica della ricezione, Victor I. Stoichita ricostruisce la nascita e l’evoluzione di questo particolare genere artistico fiorito durante l’età della Controriforma, esplorandone la natura paradossale attraverso l’analisi dettagliata di un centinaio di dipinti. Esaminando anche quelli di artisti meno conosciuti al grande pubblico e testi di pittori e mistici, l’autore ci mostra come l’arte della devozione nel secolo d’oro della pittura spagnola fosse sì frutto di passione e coinvolgimento spirituale, ma allo stesso tempo di studio meticolosissimo e di precise regole figurative.
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Stoichita, Victor I.
L'invenzione del quadro, Arte, artefici e artifici nella pittura europea
Il Saggiatore, Milano
1998
Nella nostra abitudine culturale e percettiva, la pittura è l'arte visiva per eccellenza e il quadro, il supporto di legno o di tela, è il suo ovvio "veicolo". Nella realtà storica, il quadro è un'acquisizione recente. Esso nasce infatti insieme a una differente idea di fruizione artistica, come contemplazione "estetica" e "ornamentale" dell'arte, priva delle connotazioni religiose e celebrative alle quali la pittura aveva fino ad allora risposto. Uno studio sull'evoluzione del quadro nella storia dell'arte europea dal 1522, anno della rivolta iconoclasta di Wittenberg, al 1675 quando il fiammingo Gijsbrechts rappresentò il rovescio di un quadro: dalla morte dell'immagine antica a un'indagine sullo statuto del quadro in quanto oggetto figurativo.
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Stoichita, Victor I.
Breve storia dell'ombra. Dalle origini della pittura alla Pop Art
Il Saggiatore, Milano
2000
Per Plinio il Vecchio la pittura ebbe origine quando una donna tracciò il profilo dell'amato attorno all'ombra proiettata dal suo viso. Da quel momento l'ombra ha accompagnato l'arte: usata da principio come strumento per riprodurre fedelmente la profondità e la luce, ha in seguito acquisito una valenza simbolica sempre maggiore fino a diventare la base su cui alcuni artisti hanno costruito la loro opera. "Breve storia dell'ombra" si sviluppa seguendo gli spunti più diversi: gli scritti di Cennini e Vasari, le opere di Poussin, Picasso e Warhol, fiabe popolari e fumetti, il cinema espressionista e la fotografia.
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Stoichita, Victor I.
L'effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock
Il Saggiatore, Milano
2006
La storia dello scultore cipriota che s'innamora della propria opera è la prima grande storia di simulacri della cultura occidentale. Oggi, dopo Nietzsche e Freud, nessuno può più mettere in dubbio che le immagini fabbricate dall'uomo siano ricettacoli di potere, dispositivi del desiderio, e che sia la creazione di immagini sia la loro contemplazione obbedisca a pulsioni molto potenti, tra cui quelle erotiche. Il primo capitolo analizza la peculiarità letteraria del mito di Pigmalione nelle Metamorfosi di Ovidio; il secondo ne segue lo sviluppo iconografico nell'età medievale, dominata dalle credenze sulle virtù animatrici dell'arte e della musica. Chiude il saggio un capitolo sul cinema e sul suo aspetto "stregonesco" di imitazione del reale.
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Tomba, Massimiliano
M. Tomba, Crisi e critica in Bruno Bauer. Il principio di esclusione come fondamento del politico
Bibliopolis, Napoli
2002
Un'adeguata comprensione del pensiero di Bruno Bauer non può di certo prescindere da un'analisi dell'orizzonte filosofico che ne ha costituito lo sfondo teorico; diviene pertanto indispensabile gettare uno sguardo su quell'articolato e composito dibattito sulla filosofia hegeliana che ha segnato in maniera determinante il panorama filosofico della prima metà dell'Ottocento. Muovendo da questa consapevolezza, il testo di Massimiliano Tomba assume come punto di partenza della propria indagine ricostruttiva i legami che intercorrono tra la filosofia di Bauer e quella di Hegel. Si tratta di un rapporto complesso e articolato poiché, se da un lato occorre tener presente la profonda e documentata conoscenza che Bauer aveva del sistema hegeliano, dall'altro è impossibile ricondurre il pensiero baueriano all'interno di quell'apparato concettuale, pena il rischio di operarne un sostanziale misconoscimento. Strettamente connessa a quanto appena rilevato è anche la necessità di interrogarsi in via preliminare sulla validità di quella distinzione fra “destra” e “sinistra” hegeliana all'interno della quale la storiografia tende solitamente a ricondurre una parte consistente dei filosofi post-hegeliani. Secondo la lettura che Tomba intende presentare, si tratterebbe di una distinzione non solo inefficace sotto il profilo della validità interpretativa, ma di ostacolo ad una reale comprensione delle posizioni interne al dibattito. Accogliere la contrapposizione fra “destra” e “sinistra” infatti implica l'assunzione di una certa continuità – pur se più o meno marcata e più o meno problematica – fra la filosofia hegeliana e il pensiero degli autori successivi, rischiando così di sottovalutare quegli elementi di distacco rispetto alla concezione speculativa di Hegel nei quali, al contrario, Tomba individua la cifra autentica della riflessione filosofica dell'età del Vormärz. È allora più «utile alla stessa storia della filosofia, invece di ricercare continuità e ascendenze hegeliane da catalogare poi nelle due ali della scuola, rimarcare la presenza di una rottura» (p. 15). Sotto questo profilo, viene così ribadita quella perplessità mostrata dallo stesso Bauer nei confronti della distinzione fra “destra” e “sinistra” hegeliana, definita una «formula poliziesca».
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