Anna Serlenga
To perform is to transform: la performance come atto di trasformazione della realtà
Nei Cultural Studies, e in moltissimi altri campi della conoscenza, i termini teatro e performance sono stati oggetto di una profonda e proficua trasformazione: da oggetti scientifici si sono fatti metodo; da discipline modelli interpretativi. Come sostiene Erika Fischer-Lichte questa propensione del teatro e della performance a farsi modello euristico non è un fenomeno contemporaneo, ma conosce negli anni ’70 del secolo scorso un notevole incremento.
Many studies in philosophy and psycology, in anthropology, ethnology and sociology, in political, historical and communication sciences, in cultural semiotics, in the history of art and literature employ the concept of theatre as a heuristic model to a wide extent. […] From the late 1970s, however, the dissemination of “theatre” not only as a metaphor, but as a specific cultural model in different disciplines has increased to such an extent that nowadays it seems to be the most widespread heuristic model in cultural studies.
Questa trasformazione è identificata con un turnnei Cultural Studies. Un turnche nasce in risposta ad un problema reale, concreto e individua strade scientifiche nuove, future, illuminando di nuova luce il presente come il passato. Il performative turn, che trova tra le sue radici più generative la teoria letteraria di J. L. Austin, ha portato infatti cambiamenti interpretativi radicali in molti campi del sapere: nella critica letteraria appunto (J. L. Austin), nella performance e nel teatro (R. Schechner, V. Turner, J. Grotowski, Living Theatre) ma anche nella critica post strutturalista (J.Derrida) e nella teoria di genere (J. Butler). Questo slittamento che taglia trasversalmente le discipline ha a che vedere, sostanzialmente, con lo statuto dell’azione e della trasformazione della realtà.