PRIN 2005 - Letteratura e cultura Visuale: dall'era prefotografica all'era del cinema
RICERCHE



Abstract

La ricerca sugli intrecci tra letteratura e visualità/arti visive ha ormai una consolidata tradizione internazionale e notevoli ricadute anche in Italia. Soprattutto le filologie nazionali (germanistica, anglistica, francesistica etc.), nonchè gli studi di teoria della letteratura e letteratura comparata, hanno ampiamente recepito e sviluppato gli stimoli internazionali, sia sul piano teorico che su quello applicativo. In particolare negli ultimi decenni del Novecento si è assistito ad una ripresa del dibattito sulla "reciproca illuminazione tra le arti" stimolato ovviamente dal ruolo sempre crescente che le immagini hanno "per" la letteratura, "nella" letteratura (il problema di produzioni esplicitamente intermediali) e nel "sistema-letteratura" (distribuzione, circolazione etc.). 

Su questa consolidata e fertile tradizione di studi si innesta oggi, almeno a partire dal celebre "Visual Culture Questionnaire" apparso sulla rivista "October" nel 1996, una considerevole tradizione disciplinare che coniuga studio delle letterature (con forte prevalenza degli approcci comparatistici e transnazionali), visualità e media. La "Visual Culture", o i "Visual Studies", sono ormai una disciplina con ampie ricadute istituzionali che tiene conto della più tradizionale ricerca sull'ékphrasis e nel contempo la amplia considerando non solo le immagini tramandate dalla tradizione pittorico/scultorea sette-ottocentesca ma anche quelle prodotte dalle "nuove tecnologie": dalla fotografia al cinema, dalle immagini digitali alla videoart. La "Visual Culture" contemporanea è per altro interessata ad uno studio contestuale delle immagini, dei mezzi che le producono (tipicamente i media, ma anche i dispositivi della visione più tradizionali) e delle forme della loro ricezione (lo sguardo individuale e collettivo). 

La ricerca intende porre le basi metodologiche per uno studio comparato di letteratura e cultura visuale decisivo sia sul fronte della teoria letteraria, da sempre interessata ai rapporti tra verbale e visuale, e ovviamente al centro del dibattito culturale oggi, sia al contributo che questo intreccio può dare alla ridefinizione del ruolo che la letteratura può e deve avere nell'ambito degli studi culturali e delle scienze della comunicazione. Si tratta insomma di contribuire a riaprire e a sviluppare il dialogo che l'indagine specificatamente letteraria – senza abdicare alla sua specificità scientifica e in concerto con le sue naturali ricadute didattiche – può e deve avere con la società della comunicazione e dell'immagine.

La ricerca intende inoltre sviluppare anche in Italia un filone di ricerca che ha consolidate tradizioni europee, soprattutto in area anglosassone, francese e tedesca, presentando per la prima volta anche in Italia queste tradizioni di studio. 

In quest'ottica lo studio comparato di alfabetizzazione letteraria e alfabetizzazione visuale può contribuire a ribadire il ruolo delle filologie nazionali nella costituzione di paradigmi interpretativi della società in cui viviamo, non isolando la letteratura dal contesto più ampio e fecondo dello studio delle culture e dei media.

Al termine dei due anni le tre unità di ricerca dovranno avere prodotto:

1. Tre raccolte di studi su Letteratura e cultura visuale prima della fotografia; nell'età della fotografia; nell'era del cinema.

2. Tre reader sugli stessi temi che antologizzino i principali studi teorici.

3. Un dizionario on-line e cartaceo su Letteratura e cultura visuale tra Settecento e Novecento. <<<


Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca:

Michele COMETA Università degli Studi di PALERMO


Obiettivo del Programma di Ricerca

Obiettivo del presente progetto è quello di applicare in modo sistematico allo studio della letteratura europea tra Settecento e Novecento i risultati della più recente indagine sulla visione sviluppato nell'ambito della "Visual Culture" (ovvero "Visual Studies") contemporanea. Si tratta pertanto di studiare i fenomeni letterari a partire dalle modificazioni che lo sguardo (individuale e sociale), i dispositivi della visione/media (dalla camera oscura al cinema) e le nuove immagini producono sulla letteratura, sia sul versante tematologico (i media e lo sguardo come "temi" della letteratura) che su quello della scrittura propriamente detta (le ottiche della letteratura, le forme dell'inquadratura, l'ékphrasis letteraria etc.). Tematologia e omologie strutturali tra visualità e testo rappresentano l'oggetto precipuo di questa ricerca che si pone, a livello più generale due finalità: 

1) la ricerca intende porre le basi metodologiche per uno studio comparato di letteratura e cultura visuale decisivo sia sul fronte della teoria letteraria, da sempre interessata ai rapporti tra verbale e visuale, e ovviamente al centro del dibattito culturale oggi, sia al contributo che questo intreccio può dare alla ridefinizione del ruolo che la letteratura può e deve avere nell'ambito degli studi culturali e delle scienze della comunicazione. Si tratta insomma di contribuire a riaprire e a sviluppare il dialogo che l'indagine specificatamente letteraria – senza abdicare alla sua specificità scientifica e in concerto con le sue naturali ricadute didattiche – può e deve avere con la società della comunicazione e dell'immagine le cui origini affondano nel periodo di tempo che la ricerca intende prendere in esame e che va sotto il titolo di "modernità" (Moderne, Modern etc.);

2) la ricerca intende inoltre sviluppare anche in Italia un filone di ricerca che ha consolidate tradizioni europee, soprattutto in area anglosassone, francese e tedesca, presentando per la prima volta anche in Italia queste tradizioni di studio. Si progettano infatti due tipologie di prodotti della ricerca utili a questo fine: una serie di reader che mettano a disposizione del lettore italiano i principali contributi teorici relativi alle tre aree di intervento (più avanti descritte) e la creazione di una "mappa tematica" (anche in formato elettronico) che organizzi in modo sistematico questo campo di studi. 

In quest'ottica lo studio comparato di alfabetizzazione letteraria ("literacy") e alfabetizzazione visuale ("visual literacy") può contribuire a ribadire il ruolo delle filologie nazionali nella costituzione di paradigmi interpretativi della società in cui viviamo, non isolando la letteratura dal contesto più ampio e fecondo dello studio delle culture.

In particolare il progetto intende focalizzarsi, in base alle competenze già acquisite singolarmente dagli studiosi partecipanti, su tre grandi fasi dell'intreccio tra letteratura e cultura visuale: 

1) una fase pre-fotografia: in cui si studieranno la presenza in letteratura delle modificazioni dello sguardo prodotte da tecnologie della visione come la camera oscura, il microscopio, il telescopio, il caleidoscopio etc. sino all'invenzione della fotografia, dunque in un periodo che va dal preromaticismo al naturalismo con particolare attenzione per la cultura inglese, tedesca, francese e italiana;

2) una fase post-fotografia: in cui ci si concentrerà sulle intersezioni tra fotografia e letteratura, sia sul piano biografico (scrittori-fotografi) che su quello, più essenziale, delle modificazioni imposte dal mezzo alla scrittura letteraria (come indagate ad es. in Francia da Philippe Hamon) (Hamon 1989, 2001);

3) una fase pre- e postcinematografica: in cui si indagherà, al di là del problema della sceneggiatura, sulle modificazioni che il mezzo cinematografico e la scrittura cinematografica hanno prodotto sulla scrittura letteraria. 


Durata

24 mesi


Base di partenza scientifica nazionale o internazionale

La ricerca sugli intrecci tra letteratura e arti visive ha ormai una consolidata tradizione internazionale e notevoli ricadute anche in Italia. Soprattutto le filologie nazionali (germanistica, anglistica, francesistica etc.), nonchè gli studi di teoria della letteratura e letteratura comparata, hanno ampiamente recepito e sviluppato gli stimoli internazionali, sia sul piano teorico che su quello applicativo. In particolare negli ultimi decenni del Novecento si è assistito ad una ripresa del dibattito sulla "wechselseitige Erhellung der Künste", la "reciproca illuminazione tra le arti" (Walzel, 1917; Hermand, 1971; Weisstein, 1988) stimolato ovviamente dal ruolo sempre crescente che le immagini hanno "per" la letteratura, "nella" letteratura (il problema di produzioni esplicitamente intermediali) e nel "sistema-letteratura" (distribuzione, circolazione etc.). Si ricordino in quest'ambito soprattutto gli studi e le bibliografie curate da Ulrich Weisstein o l'ampio dibattito tedesco su "Text und Bild" (Harms, 1990), o la nozione di "iconotesti" elaborata in Francia (Montandon, 1990), ma poi utilizzata anche in contesti molto diversi da quelli della sola letteratura (Wagner, 1995). 

Il dibattito si è poi sviluppato in direzione di studi sulle produzioni intermediali propriamente dette (emblemi, iconotesti, opere miste, libri illustrati etc.) e dell'icononismo (poesia visiva, poesia concreta etc.), che costituiscono tradizionalmente i due aspetti dell'integrazione tra letteratura e immagine, tra verbale e visuale. Grande impulso hanno poi ricevuto gli studi dedicati al tema tradizionale della descrizione delle immagini (ékphrasis) che hanno finito per costituire un campo di studi autonomo e decisivo soprattutto per l'inquadramento e la reinterpretazione complessiva dell'età di Goethe in Germania (Pfotenahuer, 1991; Osterkamp, 1991; Miller, 2002). 

In Italia queste tradizioni di studio hanno avuto riflessi molteplici e duraturi e spesso si sono innestate su filoni di ricerca ben consolidati. Si pensi al caso dell'"ékphrasis" che in Italia ha trovato un terreno fertile negli studi classici (ad es. Settis, 1999) e nella storia dell'arte, sviluppandosi poi nell'ambito degli studi di letteratura (Cometa, 2004) e di estetica. Si è in particolare creata una sinergia tra studi di letteratura e studi di estetica filosofica o storia dell'estetica. Tipico è il caso della "riscoperta" e dell'ampio dibattito su figure cardinali dell'età di Goethe, come Winckelmann e Lessing le cui opere sono state ritradotte, ampiamente commentate e sono dunque rientrate nel dibattitto scientifico che ha coinvolto storici dell'arte, estetologi, germanisti e teorici della letteratura. 

In Italia da quasi ventanni gli studi letterari sono dunque interessati al dibattito sulla letteratura e le altri arti. Da ultimo il convegno nazionale dell'Associazione di studi comparatistici tenutosi a L'Aquila lo scorso hanno – organizzato da una delle unità operative coinvolte nel gruppo di ricerca – che è stato dedicato alla "Letteratura e le altre arti" e che ha significativamente ribadito, oltre al tradizionale interesse per lo studio dei rapporti tra letteratura e pittura (Cometa 2004; Bolzoni, 2002; Segre, 2003), l'interesse tutto italiano e ormai in via di consolidamento per lo studio dei rapporti tra letteratura e cinema. Altrettanto visibile è, nell'ambito della ricerca italiana, l'attenzione per l'intreccio tra letteratura e fotografia che comincia a dare i suoi primi frutti, come nel caso della vivace ricezione italiana di autori come W. G. Sebald, e nello studio di figure di scrittori-fotografi (ad esempio Verga, Zola etc.) (Marcenaro, 2004). 

Su questa consolidata e fertile tradizione di studi si innesta oggi, almeno a partire dal celebre "Visual Culture Questionnaire" apparso sulla rivista "October" nel 1996 (n. 77, pp. 25-70), una considerevole tradizione disciplinare che coniuga studio delle letterature (con forte prevalenza degli approcci comparatistici e transnazionali), arti della visione e media. La "Visual Culture", o i "Visual Studies", sono ormai una disciplina con ampie ricadute istituzionali (corsi di studio, master, dottorati etc.) che tiene conto della più tradizionale ricerca sull'ékphrasis e nel contempo la amplia considerando non solo le immagini tramandate dalla tradizione pittorico/scultorea sette-ottocentesca ma anche quelle prodotte dalle "nuove tecnologie": dalla fotografia al cinema, dalle immagini digitali alla videoart. La "Visual Culture" contemporanea è per altro interessata ad uno studio contestuale delle immagini – a vario titolo prodotte –, dei mezzi che le producono (tipicamente i media, ma anche dispositivi della visione più tradizionali) e delle forme della loro ricezione (lo sguardo individuale e collettivo). Da questo complesso interplay scaturisce la nozione di "regime scopico" (Jay, 1993) che definisce appunto l'intreccio tra dimensioni dello sguardo ("gaze"), dispositivi della visione (dagli strumenti ottici ai media/optical devices and media) e immagini propriamente dette. 

La "Visual Culture" contemporanea dunque – nel solco degli studi culturali – si propone di indagare la specificità dell'alfabetizzazione visuale ("visual literacy") nelle società contemporanee definendo le modalità della visione nelle specifiche società sia sul fronte della produzione che su quello della ricezione delle immagini.

Si devono individuare dunque almeno quattro grandi tradizioni culturali che convergono nella definizione del nuovo campo di studio con implicazioni decisive per lo sviluppo e l'aggiornamento degli studi letterari che costituiscono l'oggetto specifico del presente programma di ricerca:

1) innanzitutto la riflessione sullo "sguardo" sociale ed individuale così come essa si è andata costituendo a partire dalla psicoanalisi, interessata ovviamente alla definizione di un paradigma sessuale della visualità, fin alle recenti declinazioni dello sguardo in chiave "gender" e "(post)colonial". La storia delle "pratiche della visione" (Sturken, Cartwright, 2001) costituisce del resto anche uno dei leit-motive della filosofia novecentesca, da Freud a Lacan, da Merleau-Ponty a Foucault. Si pensi, in particolare, al nesso istituito tra piacere e visualità nella psicoanalisi di Freud, alla definizione dello "sguardo" in Lacan etc. O, su un altro, ma non minoritario versante, alle indagini sul complesso intreccio tra visualità/sessualità/potere nello sguardo coloniale o del discorso sull'altro. Si tratta, come si vede, di "oggetti di studio" che gli studi di "Visual Culture" condividono con gli studi letterari, teorici e comparatistici, e che questi ultimi hanno contribuito ad imporre nell'ambito più ampio degli studi culturali;

2) la riflessione sui "dispositivi della visione" o "dispositivi ottici" che hanno determinato la storia della percezione delle immagini e quella della teoria della percezione. Si pensi al pioneristico studio di J. Crary (Crary, 1990) nel quale si sono poste le basi di un'indagine sulle ideologie del vedere a partire dalle modificazioni che gli "strumenti ottici" hanno imposto alla visione. Nel caso specifico si tratta di uno studio sulle modificazioni imposte all'osservatore dalle nuove tecnologie che facevano leva sul fenomeno della "persistenza delle immagini" come il taumatropio, il fenachistoscopio etc. e sulle immagini composite come quelle prodotte dallo stereoscopio. La presenza di queste nuove tecnologie modifica ampiamente i regimi scopici della modernità e di conseguenza anche la letteratura. Inoltre l'aver indagato sulla costituzione dei regimi scopici che preludono alla grande stagione della fotografia di massa e del cinema di massa costringe la ricerca a definire le caratteristiche dei regimi scopici pre-fotografici e dunque a rileggere criticamente altri studi (a cominciare da quelli di Svetlana Alpers sulla pittura olandese) che ante-litteram hanno contribuito a definire il concetto di regime scopico. Ancora aperta è infatti la questione di una definizione del "modello kepleriano" proposto dalla Alpers e del suo immediato predecessore, il "modello albertiano", ampiamente studiato, ma troppo facilmente liquidato nelle indagini sui regimi scopici moderni e postmoderni.

Valga, in questo contesto, l'esempio delle modificazioni della cultura dello sguardo in epoca romantica, influenzata da un lato dalle nuove teorie filosofiche sull'immagine praticate dall'idealismo e dal post-idealismo, dall'altro, soprattutto, dai nuovi "dispositivi della visione" che cominciavano a condizionare la cultura di massa. Da quelli che, ad esempio, Philippe Hamon chiama "tecnemi" – finestre, soglie, vetrine etc. – che determinano la visione metropolitana (vedi, p. e., "La finestra d'angolo del cugino" di E. T. A. Hoffmann), alle macchine per vedere propriamente dette, dalla "camera oscura" (usata come tema e come metafora nelle "Wahlverwandtschaften" di Goethe e nella "Deutsche Ideologie" di Karl Marx) ai "panorami/diorami", sino alla scoperta letteraria delle "silhouette" (Scherenschnitte, Schattenbilder etc.). Non è un caso che uno dei padri della "visual culture" tedesca sia proprio Walter Benjamin che a tali dispositivi della visione dedicò nel "Passagenwerk" saggi rimasti centrali per tutta la cultura occidentale. Altrettanto importante appare su questo fronte lo studio dell'immagine prodotta da dispositivi della visione sempre nuovi come fonte per lo studio letterario (fotografie, film, etc.) e come componente essenziale della scrittura letteraria stessa (tipico il caso di W. G. Sebald).

3) essenziale è inoltre, dopo la lezione foucaultiana, lo studio della visualità come pratica del potere e del contropotere, e dello sguardo come pratica di controllo sociale e di istituzione di forme di controllo (il modello del panopticon ma anche semplicemente lo sguardo della clinica). Dopo Foucault, com'è noto, il discorso sulla visualità è determinato dalle istituzioni che producono, presiedono e "distribuiscono" gli sguardi. Si pensi agli effetti di questi sguardi istituzionali sulla letteratura. Valga per tutti l'esempio dello "sguardo del consumatore" tematizzato dal naturalismo francese (ad es. "Au bonheur des dames" di Zola); 

4) infine la questione, assolutamente centrale per l'impostazione del progetto di ricerca che è essenzialmente dedicato alla letteratura, della descrizione delle immagini, l'ékphrasis, argomento che è stato al centro delle filologie nazionali più attente negli anni più recenti. Si pensi all'ampia ricerca svolta in ambito germanistico – cui fanno riferimento molti dei componenti dell'unità di ricerca – sulla "Kunstbeschrebung/Bildbeschreibung" (Pfotenhauer, 1991; Boehm, Pfotenhauer, 1995; Cometa, 2004) nell'ambito di una più ampia antropologia letteraria ("literarische Anthropologie), alla rinnovata attenzione per i rapporti tra letteratura ed arti figurative nell'età del neoclassicismo (Winckelmann, Lessing, Goethe, Mengs etc.) che pone al centro della produzione letteraria e teorica la questione dell'ékphrasis e del rapporto tra verbale e visuale. 

La questione dell'ékphrasis è certamente la forma più tradizionale di interrogazione sul rapporto tra "visuale" e "verbale" che sta al centro del progetto di ricerca che qui si propone. Ogni forma di letteratura, in fin dei conti, se ne serve, e ancor più le forme dirette di "descrizione" presenti nella scrittura saggistica (dalla storia dell'arte tradizionale alla vasta produzione "critica" dei letterati. Proprio la crisi della rappresentazione classica – come ha ben capito Michel Foucault con la sua epocale descrizione de Las Meninas – ha comportato una ripresa di questo genere classico a partire, almeno, dal romanticismo. A questo aspetto specifico sono stati dedicati gli studi più innovativi, tanto che è ormai riconoscibile, in area anglosassone, un notevole approfondimento teorico delle forme di ékphrasis nell'ambito di una più ampia interrogazione sulle forme di rappresentazione (Goodman 1968; Alpers 1983; Baxandall 1983), mentre in area tedesca si è sviluppato, come abbiamo già ribadito, un indirizzo di ricerca esplicitamente dedicato alla Kunst- und Bildbeschreibung (descrizione di immagini e di opere d'arte), interessato soprattutto allo studio delle forme classico-romantiche di ékphrasis, un vero e proprio "genere" con una sua evoluzione interna: dalla descrizione del Laocoonte in Winckelmann alla descrizione dell'Altare di Pergamo in P. Weiss. Né ovviamente la questione dell'ékphrasis è estranea all'ambito degli studi che si richiamano alla semiotica (Schapiro 2002; Segre 2003).

La teoria letteraria in Italia e lo studio delle letterature comparate possono a questo punto coniugare l'esperienza maturata nella ricerca sui rapporti tra letteratura e arti visive con le nuove questioni poste dagli studi di "Visual Culture". La ricerca italiana si è già particolarmente distinta – sia sul piano strettamente letterario che su quello dello studio della cultura – nello studio di alcune delle tematiche più sopra elencate. Si pensi agli studi sullo "sguardo" ("gaze") in letteratura, ad esempio quelli di Valerio Magrelli su Valéry (Magrelli, 2002), di carattere più letterario, o a quelli di U. Curi sullo sguardo meduseo tra mitologia e filosofia (Curi, 2004), di carattere più culturalistico e teoretico. Altrettanto forte è stato l'interesse per l'intreccio tra filosofia e visualità (Franzini, 2001; Gambazzi, 1999; Carboni, 2002) concepite in stretto dialogo con l'esperienza letteraria novecentesca. Ampia diffusione e notevole significato teorico hanno infine avuto in Italia gli studi sul rapporto tra letteratura e immagini nella tradizione letteraria italiana come nel caso del volume di Lina Bolzoni (Bolzoni, 2002). Nel gruppo di ricerca nazionale vi sono numerosi ricercatori che hanno affrontato a vario titolo la questione del rapporto tra visualità e letteratura

1) le più tradizionali ricerche sull'ékphrasis (Cometa, Ceserani) 

2) sulla teoria e filosofia dell'immagine (Bagni, Bollino, Rampello)

3) l'intreccio tra letteratura, arti figurative e visualità (Pellini, Cometa, Wandruska)

4) lo studio del rapporto tra scrittura letteraria e scritture filmiche (Volpe, Fusillo)

5) lo studio dell'imagologia letteraria con particolare attenzione per le componenti mediali (Albertazzi, Cometa, Di Piazza)

6) la letteratura fantastica dell'Ottocento e del Novecento come patrimonio tematico dell'intreccio tra letteratura e altre arti (Amigoni, Albertazzi, Bertoni, Coglitore).

 Resta invece ancora quasi del tutto inesplorato – se si escludono alcuni lavori sul "cinema" e pochi altri sulla "fotografia" (ad es. Ceserani, 1994, 1996-7, 2000, 2004) – il campo di indagine che lega dispositivi della visione, più o meno moderni, e letteratura, sulla scorta delle ricerche pioneristiche di autori come J. Crary (Crary, 1990) che hanno indagato sulle "tecnologie della visione" ottocentesca, trascurando però quasi del tutto le ricadute letterarie di tali progressi scientifici. Obiettivo della ricerca che si presenta è insistere proprio sui rapporti tra letteratura e dispositivi della visione, intesi nel senso più ampio: dagli strumenti ottici propriamente detti (microscopi, telescopi, caleidoscopi etc.) che stanno al centro della letteratura moderna sin dall'Illuminismo, ai media più moderni (fotografia, cinema). Essenziale si rivela lo studio, in via preliminare, dei dispositivi della visione che collaborano alla costituzione di una delle grandi passioni della modernità, e della modernità di massa in particolare, quella per l'immagine in movimento (dalla laterna magica alla fantasmagoria, dal traumatropio al cinema).  Nell'ambito dello studio su "tecnologie/dispositivi/strumenti" della visione e letterature europee l'unità di ricerca palermitana si fa carico di indagare la fase precedente all'invenzione della fotografia. Gli studiosi coinvolti nell'unità di ricerca sono infatti per lo più specialisti della letteratura sette-ottocentesca nei vari contesti culturali (Italia, Germania, Inghilterra, Francia) e da anni lavorano su tematiche relative alle questioni che più mettono in gioco il rapporto tra laletteratura e le altre arti: il fantastico, la letteratura odeporica, l'ékphrasis classico-romantica etc.. Il coordinatore dell'unità di ricerca e del gruppo nazionale ha lavorato per alcuni decenni sull'intersezione tra letterature europee e arti visive con particolare attenzione sia per l'estetica che per la cultura visuale europea tra Ottocento e Novecento. La prof. C. Bertoni ha lavorato a lungo sulla letteratura fantastica dell'Ottocento dove centrali sono i motivi legati alla visione e alla visualità. Il prof. S. Volpe, specialista di adattamento cinematografico, ha a lungo lavorato sull'intreccio tra testo letterario e cinema, e in particolare sul punto di vista. I proff. C. Di Piazza, M. Romeo, R. Calabrese, R. Gambino sono specialisti, nei rispettivi ambiti nazionali, di imagologia letteraria, applicata alla ricerca postcoloniale e alla ricerca "gender", dunque da sempre attenti alle mediazioni visive delle identità. Alcuni dei docenti citati, oltre ai collaboratori più giovani (A. Carbone, R. Coglitore, F. Mazzara) tutti impegnati in progetti di ricerca su temi limitrofi (dall'intermedialità all'ékphrasis antica e moderna, allo studio dell'immaginazione materiale) hanno condiviso l'esperienza didattica del Master in Comunicazione e Cultura Visuale (http://www.unipa.it/~articom/html/master/mccv_quadro.html) diretto dal prof. Cometa presso l'Università di Palermo che ha consentito un ampio lavoro preparatorio ai fini del presente progetto di ricerca anche grazie allo scambio con docenti di altre università italiane e straniere.