Adalberto Libera
Andata e ricordo. Souvenir de Voyage
"C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio " Andrej Tarkovskij
Il Mart presenta dal 22 giugno all’8 settembre 2013 “Andata e ricordo. Souvenir de Voyage” una mostra che mette in relazione lo sguardo del turista e lo spazio del turismo.
Fotografie dei Grand Tour ottocenteschi, le prime guide dei viaggiatori di inizio novecento, i diari di viaggio, la parabola della pubblicità dall’illustrazione d’autore al kitsch, l’ironia della Pop Art, i linguaggi contemporanei del video e dell’installazione; sono alcune delle sorprese di una mostra che cerca di capire come è cambiato il modo di viaggiare e di abitare i luoghi sotto la spinta della globalizzazione e del postmoderno di massa.
“Andata e Ricordo”, prodotta dal Mart di Rovereto, è curata da Nicoletta Boschiero, Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Paola Pettenella, Alessandra Tiddia, Denis Viva e presenta in catalogo un saggio di Fernando Castro Florez.
La mostra si apre con “Tempo di viaggio”, un racconto per immagini del grande regista russo Andrej Tarkovsky che nel 1983 compiva il suo Grand Tour accompagnato dal poeta e sceneggiatore Tonino Guerra. Un modo di viaggiare, quello di Tarkovsky e Guerra, che non cedeva alle tentazioni della memoria, ma che raccoglieva immagini per appropriarsi di se stessi e del mondo. “Fotografare – scriveva Susan Sontag – significa appropriarsi della cosa che si fotografa. Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una sensazione di conoscenza, e quindi di potere”.
Il racconto di questo viaggio introduce in modo critico il tema della mostra: oggi l’industria globale del turismo di massa ci sommerge di immagini stereotipate e omologate. Definibili “immagini delle immagini”, alimentano le mappe mentali collettive e condizionano fortemente la rappresentazione del mondo, progressivamente gli spazi turistici e quelli culturali si sovrappongono.
La costruzione dei luoghi destinati a ospitare l’esperienza turistica (i parchi a tema, i centri commerciali) si evolve in modo innovativo e speculare all’evoluzione culturale in atto nella società contemporanea. Lo spazio turistico postmoderno è cioè caratterizzato da un’estrema frammentazione dei segni che lo orientano. Il souvenir è il regalo che accompagna il rientro dai viaggi, è convenzionale e già visto, ma è inimmaginabile farne a meno. Anche l’arte è un dono che sta tra l’insignificanza e la sublimazione, il risultato di un viaggio o di un processo del quale spesso si sono cancellate le orme.
LA MOSTRA
Il percorso di “Andata e ricordo” si snoda attraverso il tempo e lo spazio, luoghi reali, immaginati e immaginari: video, installazioni, dipinti, sculture di artisti contemporanei e quattro magiche chambres in cui rivivono, attraverso documenti, foto e materiali d’archivio, momenti e testimonianze di viaggio.
Nella prima chambre attraverso mirabili vedute ottiche, le stereoscopie di città e paesaggi, le prime guide dei viaggiatori e gli album “souvenir” dell’inizio del secolo scorso, si ripercorre l’esperienza del Grand Tour, il viaggio di formazione dei giovani aristocratici europei che ebbe la sua fortuna a partire dal XVIII secolo.
La seconda chambre racconta di crociere e traversate navali, alla scoperta del Mediterraneo - come mostrano ricordi, diari, fotografie di intellettuali, artisti, architetti, da Margherita Sarfatti a Gino Pollini - o per raggiungere le Americhe oltre l’Oceano - come raccontano le carte di Fortunato Depero e di Thayaht.
Con l’evolversi dei mezzi di trasporto, il viaggio cambia identità. Da possibilità destinata a pochi fortunati esploratori, diventa attività turistica alla portata di tutti. Nella terza chambre vengono esposte le prime campagne pubblicitarie, i depliant, i manifesti e le cartoline - provenienti dalla Collezione Wolfsoniana di Genova, dal Touring Club Italiano, dal Museo degli usi e costumi della gente trentina, dal Museo della cartolina - da confrontare con gli odierni esiti kitsch del souvenir da bancarella: boules à neige, oggetti e piattini esposti nell’ultima e quarta chambre , che diventano anche il segno tangibile di un turismo sempre più diffuso, ma spesso superficiale e inconsistente.
L’industria turistica è attualmente il grande motore economico e la chiave del processo e dello sviluppo culturale. Grazie ad essa si trasmette l’ideologia diffusa della globalizzazione. La mostra mentre parla del tema del turismo parla del viaggio, la diaspora, ma anche il camminare, la conversione del mondo in un non-luogo sistematico, l’ibridazione dei linguaggi, il pidgin.
Il viaggio nell’arte contemporanea è una specie di simulacro, il resto di una ideologia “nomade” che forse ha anche a che vedere con la completa paralizzazione sedentaria. Dagli anni Sessanta, quando Tano Festa introduce nel suo lavoro le immagini divenute icone del turismo di massa, come in Michelangelo according to Tano Festa (1967), alle nuove generazioni di artisti in cui continuano a emergere secoli di cultura visiva stratificata e trasformata a uso e consumo del turista.
Da questa identità visiva, fatta di Colossei in miniatura, cannocchiali panoramici, cartoline con le vedute più tipiche di Venezia, Roma o Firenze, si è spesso sviluppata una ricerca artistica che ha cercato di restituire autenticità a queste immagini, oppure di denunciare il loro abuso, il loro eccesso di visibilità. È un aspetto fondativo, soprattutto per l’arte italiana come ricordano per esempio le fotografie di Luigi Ghirri scattate alla fine degli anni settanta nel parco de L’Italia in miniatura, vero e proprio souvenir a cielo aperto, dove si visitano, in un gioco di finzione, i monumenti e le icone dell’Italia turistica. Doppio talmente finto, però, da rimandare, con le parole del fotografo, direttamente all’esperienza reale nella nostra memoria.
Alice Guareschi racconta di un viaggio partito dapprincipio sull’atlante e terminato nella postproduzione delle riprese effettuate nei quattro mari del mondo (Bianco, Rosso, Giallo, Nero). Il viaggio “sentimentale”, eco di Laurence Sterne, è rappresentato dalla corrispondenza femminile di lettere e autoritratti di Meri Gorni e dalla sagoma di alcune Isole del Mediterraneo disegnate da Sabrina Mezzaqui.
I collage di Lorenzo Missoni, ottenuti ritagliando le fotografie delle enciclopedie, ci offrono l’esempio di come le immagini comuni e inflazionate possano diventare occasione per un viaggio personale, immaginifico, fatto accostando luoghi fra loro lontani e visti soltanto in fotografia. Maurizio Galimberti offre invece inediti colpi d'occhio sui monumenti italiani più tradizionali trasformandoli nei suoi mosaici di polaroid.
Davide Tranchina, nelle sue fotografie, mette in evidenza come le immagini diventino stereotipi, perdendo così originalità e unicità mentre Petri Paselli crea un virtuale viaggio in Italia fotografando i souvenir negli ambienti domestici deputati alla loro esibizione, producendo dei curiosi cortocircuiti di senso.
Gli artisti evocano anche i luoghi magici ritratti nelle cartoline - come l’Aurora di Mario Airò e Souvenir San Gimignano di Vittorio Corsini - oppure mescolano industria turistica e industria cinematografica - come nelle fotografie dei set dei colossal americani abbandonati nel deserto raccontati nelle immagini di Rä di Martino, quasi fossero essi stessi, simulazione e surrogato, il paesaggio e il monumento reale, in un ambiguo gioco allusivo, fra cinema, luogo comune e realtà.
In mostra anche installazioni, come dispositivi che alludono alle abitudini dei turisti come quelle del cannocchiale panoramico ripreso in Kaleidos di Maria Elisabetta Novello; oppure gli ombrelloni rotanti di Giulio Delvè, prelevati direttamente dall’Hotel Tritone di Ischia, memoria balneare inseparabile dai ricordi delle nostre vacanze; o ancora il collage di mappe della metropolitana di Parigi proposto da Paola di Bello che ripresenta, ingigantito e consunto, lo strumento più comune di orientamento per i turisti metropolitani.
Chiude la mostra la grande installazione dal Per grazia ricevuta / per grazia riciclata di Julio Paz, esposta per la prima volta al museo a seguito della donazione da parte della famiglia. L’artista argentino, scomparso nel 2010, ha assemblato tantissimi di oggetti raccolti dal 1977 al 2008. Si tratta di ex voto, manufatti ottenuti unendo materiali diversi che nell’insieme creano un grande affresco che racconta la vita nomade dell’artista.